Racconto a puntate di Arturo Leoncini
Prima parte
Dopo aver visto il film "Febbre a 90" (lo so esiste anche il libro) e dopo aver letto "Il mio anno preferito" di Nick Hornby mi sono posto delle domande. Quale sarebbe stato per me il mio anno preferito? E con quale criterio l'avrei scelto? Se non aveste letto il titolo, cosa alquanto improbabile, ricevereste una (piacevole?) sorpresa. Il calcio in Italia è una cosa seria ed a maggior ragione a Firenze. Non voglio stare adesso a discutere sulla storia che vuole come luogo di nascita del calcio il capoluogo toscano, opposta alle tesi anglossassoni che spingono per un'origine del tutto brittanica. Voglio affrontare il germe che nasce nella testa delle persone che nascono, vivono e crescono a Firenze. Tutti gli scrittori che ho letto, cominciando il loro racconto calcistico, partono dal loro primo impatto con il calcio: prime volte allo stadio, partite alla televisione, sciarpe regalate ed altri episodi similari. Ecco io sono privo di tali eventi e non riesco a ricordare, nonostante ricerche più o meno approfondite, il momento in cui ho detto: "Caspita quella palla mi piace." Non c'è e non lo ricordo. Ricordo soltanto di aver sempre amato costantemente questo sport e di aver sempre amato la squadra della mia città, la Fiorentina. Questa caratteristica, parlando con altri miei coetanei, è più o meno comune a tutti coloro che decidono di tifare la squadra gigliata. Si tratta di un mistero. Mistero che invece non devono risolvere coloro che tifano Juventus, Inter, Milan e altre squadre blasonate per motivi assai noti ed evidenti che non voglio trattare per il benessere del racconto e per il mio benessere personale. A rincarare la dose c'è da svelare un dettaglio che vuole la mia famiglia, nei miei primi anni di vita, totalmente disinteressata alla Fiorentina e quantomeno al calcio. Niente partite alla stadio, niente sciarpe, niente. Dopo questo farneticante preambolo che evoca l'azione dello "Spirito Santo Calcistico" su tutti i Fiorentini, un qualsiasi lettore penserebbe: "Ecco, ora ci racconta morte e miracoli della Fiorentina". E invece no. Vi racconto dell'estate del 1998, periodo in cui avevo sette anni e mezzo. La scuola era finita e mi dedicavo al mio passatempo preferito: giocare con la palla in casa. Non potreste nemmeno immaginare quante partite immaginarie ho giocato nel salotto di casa mia, tutte rigorosamente accompagnate dalla mia immancabile telecronaca che dava un "senso" a tutto quel baccano che facevo. Fiorentina e Juventus stavano facendo 1-1 quando all'improvviso si aprì la porta dell'ingresso: era mio padre. Vedendomi saltellare con la palla al piede mi disse: "Dopodomani iniziano i Mondiali." Fiorentina - Juventus fu immediatamente interrotta per ragioni di causa maggiore. Cosa aveva detto? Era realmente venuto il momento? Io non ero pronto. Avrei fatto la classica figura del bimbo stupido che non si ricorda nemmeno il suo nome e non sarei riuscito a capire il senso e la grandezza della cosa. Ma come era possibile? Ricordo che a Natale qualcuno parlava dei Mondiali, però come una cosa assai lontana. Invece ora erano lì davanti a me. Con il Natale ricordai un'altra cosa: quel libro. Il Grande Libro del Calcio, regalatomi da mio zio il 25 Dicembre 1997. Fonte di enistimabile conoscenza e precisione, era una sorta di Bibbia personale che mi aveva svelato cosa era accaduto durante la mia precendente assenza: l'Italia aveva vinto tre Mondiali di cui l'ultimo nell' 82, Maradona aveva segnato un gol di mano e l'Olanda non aveva vinto quasi nulla eccetto che per un campionato europeo. Riconsultando per l'ennesima volta quelle sacre scritture mi venne il dubbio che potevo aver snobbato totalmente una parte fondamentale di quel libro. Sfogliando i resoconti dei precedenti Mondiali ebbi un forte presentimento: 1990 Italia: foto di Matthaus e Voeller che si abbracciano. 1994 Usa: foto di Romario che alza la Coppa del Mondo. 1998 Francia: foto di due galletti rossi e blu con un pallone tra i piedi. Decisi di leggere il testo per maggiori delucidazioni: "Con ben 32 squadre qualificate per la fase finale, la Coppa del Mondo del 1998 SARA' la più imponente di tutti i tempi." Le sacre scritture parlavano al futuro e perciò il Mondiale del 1998 era ancora da giocare. Era venuto il momento. Avrei vissuto il mio primo mondiale in maniera del tutto cosciente e ciò voleva dire anche un'altra cosa: miriadi di partite da vedere alla televisione. Il paradiso in quel momento era in terra. Durante quell'attimo di folgorazione capì finalmente l'importanza di quelle partite che la nazionale aveva giocato contro la Russia. Ne andavano della stessa partecipazione a Francia '98! Diamine come avevo fatto a non capirlo! Quelle sgroppate di Ravanelli sotto la neve incessante avevano un senso. E, incredibile a dirsi, aveva un senso anche quel ridicolo pallone rosso/arancione che rotolava sul manto "erboso" dello stadio di Mosca. Adesso la mia vita aveva degli scopi ben prefissati (ne scrivo una lista più che attendibile): 1- Sapere esattamente per filo e per segno come funziona nel dettaglio un Mondiale di Calcio (in quel momento avrei voluto sapere anche la taglia delle scarpe di Di Matteo). 2- Disegnare compulsivamente galletti blu e rossi su qualsivoglia foglio di carta. 3- Disegnare compulsivamente bandierine colorate e qualsiasi cosa che evocasse i Mondiali. 4- Piacere ad Alessia Masi, mia compagna di classe alle elementari. 5- Guardare Brasile-Scozia, partita inaugurale di Francia '98. Nell' antivigilia del Mondiale mi dedicai al punto 1, esaurendo ogni energia residua di mio padre che, mi ricordo perfettamente, mi esortò addirittura ad andare a giocare al Nintendo 64. Anche il punto 2 fu eseguito lo stesso giorno ed ebbe delle ripercussioni tragiche sui muri di casa: le mura del salotto erano invase da galletti rossoblù attaccati con dello scotch. Il giorno della vigilia si intensificarono il punto 1 e 2 con l'aggiunta del punto 3, mentre il punto 5 doveva ancora aspettare. Per il 4 invece c'erano poche speranze per una realizzazione a breve termine. Mi ricordo di aver disegnato più volte la composizione del gruppo preliminare dell'Italia con diverse varianti sul tema: prima disegnando solo le bandiere, poi solo le magliette e dopodichè realizzando un fantastico ed originale galletto blu e rosso che sorrideva. Il Gruppo B era formato da Italia, Cile, Cameroun e Austria, ed era un girone abbastanza semplice tutto sommato, stando a quello che dicevano "i grandi conoscitori del calcio" (nel mio caso mio padre, mio zio e un amico di famiglia).
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