1998

Racconto a puntate di Arturo Leoncini

Quarta parte

Per fortuna la vacanza a Castiglione non era ancora finita: sì perchè nonostante la sabbia e il fastidioso vento che spesso spirava dal mare, a me quel posto piaceva. C’era Riva del Sole, un piccolo villaggio turistico che al suo interno aveva una sala giochi. C’era il lungo mare percorribile in bicicletta che era condito dal sole a picco e dal frastuono delle cicale. C’era il centro del paese che aveva vari punti di interesse quali il negozio di giocattoli e quello di caramelle. Fu in quest’ultimo che trovai e comprai un cimelio a me molto caro: il galletto di Francia ‘98 gonfiabile. Finalmente avevo il mio gadget ed ero contentissimo. Passavo le giornate a giocare con quell’affare a discapito di tutti gli altri giochi che avevo. E inoltre lo tenevo con un certo riguardo. Infatti è tutt’ora gonfio ed in perfetta forma e sorveglia dal 1998 la mia casa al mare anche d’Inverno. Sì l’ho sempre lasciato lì. A volte mi è venuto in mente di portarlo a Firenze ma poi pensavo: “Forse appartiene più a questo posto.” In quei giorni avevo scoperto un’altra cosa: era possibile giocare un intero Mondiale da soli. Avevo fatto tutto: sorteggi, calendario delle partite e anche servizi giornalistici pre e post partita. Tralasciando che questa attività ludica sì è protratta all’incirca fino al 2005 e che in forme diverse è presente ancora oggi (sì sono da ricoverare), la magia che toccai in quelle partite nel cortile di casa fu incredibile e forse mi è ad oggi irripetibile. Ricordo perfettamente che quel Mondiale che giocai da solo lo vinse la Svezia in finale con il Brasile per 5-1. Per coloro che credono che giocassi a caso senza regole, faccio un piccolo sunto del regolamento delle partite: 1-Procurarsi una mini porta ed una mini pallina. 2-Decidere un limite di tiro oltre il quale non è possibile tirare. 3-Stabilire il campo di gioco e dunque il numero delle azioni che possono attuare le squadre (Di solito 10 azioni per uno) 4-Ad ogni tiro in porta cambia il possesso palla. 5-Sono previste punizioni e sanzioni per ogni caduta imprevista del giocatore. Diciamo che alla fine veniva fuori una cosa abbastanza carina tutto sommato. Quando scivolavo per terra volavano cartellini rossi e gialli, quando la palla finiva nel giardino dei vicini facevo una rimessa laterale, eccetera eccetera. A dir la verità i miei genitori quando mi vedevano saltellare da solo facendomi la telecronaca, secondo me, avevano il dubbio che avessi qualche forma nascosta di autismo. In effetti assistere ad una di queste mie partite doveva avere un gusto tra l’ironico e l’inquietante.”Il classico bambino con pochi amici” diranno alcuni: bè era così; ciononostante avevo trovato il mio stratagemma per risolvere la cosa. Un solleone pazzesco faceva ribollire la sabbia nei dintorni del bagno “Le Cannucce”, luogo di vitto destinato a coloro che osavano sfidare il clima estivo all'ora di pranzo. Tra coloro che avevano accolto tale sfida c'era anche il sottoscritto con il proprio nucleo familiare. Sugli schermi sabbiosi dello stabilimento balneare andavano in onda le classiche rubriche di “Dribbling” delle 14, nelle quali si parlava di Mondiale, partite e fidanzate di calciatori. Era il 23 Giugno e quel giorno si giocava a Saint-Denis Italia-Austria. In quel momento però non avevo come chiodo fisso la partita del giorno, ma pensavo piuttosto a mangiare controvoglia le patatine che mi ero fatto comprare soltanto per i gadget calcistici che c'erano dentro. Trovai uno strano tizio dentro a quel sacchetto: un allenatore con le sembianze di un orso che era stato ritratto nell'atto di strillare qualcosa. Che fortuna aggiungerei. Bè, pensatela come volete ma divenne il mio talismano/compagno per Italia-Austria. Tornati a casa (rivestiti di sabbia sul 95% del corpo, aggiungerei), continuavo a stringere nella mia piccola mano l'allenatore-orso, che con quella faccia sembrava sempre che avesse qualcosa da ridire. Entrati nel salotto di casa era il momento di spostare le antenne sperando di riuscire a sintonizzarsi su Rai 1. Eh già, perchè allora non c'era la così tanto bramata “Antenna condominiale”, ma vi era un primitivo sistema di antenne posto sopra il televisore che andava regolarmente spostato. Nonostante tale apparecchiatura invitasse a fare una bella passeggiata fuori invece di stare a guardare la televisione, riuscimmo a ricevere Rai 1 con un segnale decente. Alle 16 si apre il sipario sull'incontro: un numero spropositato di spettatori allo stadio (si diceva circa 80.000) rendevano l'impianto parigino una bolgia infernale. In questo clima da colosseo l'Austria giocava duramente: dopo vari interventi al limite, Alessandro Nesta, centrale difensivo azzurro, si infortuna gravemente ed è costretto a lasciare il campo. Prende il suo posto lo zio Bergomi. In quel momento l'allenatore-orso stava gridando qualcosa, ma nessuno lo capiva. Forse stava urlando perchè, in effetti, avevo cominciato a mordicchiarlo all'altezza della gamba dall'inizio della partita: la tensione per l'incontro dunque si tramutava dalla più comune onicofagia in cannibalismo, anche se non so se si può reputare tale quando vi è di mezzo un allenatore con le sembianze di un orso. Il primo tempo fu parecchio nervoso e con poche occasioni, eccezion fatta per qualche tiro di Del Piero ed una specie di sforbiciata eseguita da Moriero. Si va al riposo a porte inviolate e sperando in qualcosa di più: con 5 punti si passa al massimo secondi, primi no di certo, e tanto per gradire c'è il Brasile che ti aspetta al varco. La parola d'ordine era “vittoria” e stavolta sembrava che gli azzurri nel secondo tempo l'avessero recepita: passano pochi minuti dall'inizio della ripresa e guadagniamo un calcio di punizione poco distante dal lato corto dell'area. Batte Del Piero, Vieri incorna di testa: 1-0. Passati in vantaggio Cesare Maldini saltella e balla oltre la sua zona tecnica, lo zio Bergomi esulta come un bambino e l'orso-allenatore finalmente ha un po' di tregua dalla mia dentatura da latte. Ma arriva il brivido che non ti aspetti: poco dopo lo sconosciuto numero 15 austriaco Wetl esegue una rovesciata scomposta a pochi passi dall'area piccola di proprietà di Pagliuca; ne segue una parata a mano aperta altrettanto scomposta ma più fortunata nelle intenzioni: il vantaggio è salvo. Dopodichè viene fischiato un fuorigioco ridicolo ad Inzaghi (non si tratta di metri, si parla di praterie) che però ha tempo di rifarsi insieme al subentrato Roberto Baggio: azione in tandem con tocco smarcante del Divin Codino per Pippo Inzaghi che rende il favore rendendo boccia a Baggio; Porta vuota, il portiere alza stupidamente il braccio chiedendo invano un fuorigioco, Roberto deve solo appoggiare: 2-0. Adesso sembra fatta. L'arbitro non è d'accordo: l'incontro rimane aperto con la concessione agli austriaci di un calcio di rigore che viene successivamente realizzato. “La sventola di Herzog..” dice Pizzul, con un tono che sembra sottintendere: “Tanto non ci riprendete”. Infatti l'arbitro fischia la fine sul 2-1 e gli azzurri vanno ufficialmente avanti nel torneo. Mi giro verso il galletto e noto che ha un'aria ancora più soddisfatta del solito. Dagli esiti delle partite successive si scoprirà che l'avversaria dell'Italia non sarà la dannata compagine verde-oro (vera schiacciasassi nel proprio girone), ma la Norvegia. Strano: prima se mi veniva menzionata la Norvegia avevo in mente soltanto vichinghi e strane navi in legno ed ignoravo il fatto che questa nazione avesse pure una squadra di calcio. Dovevo ravvedermi: la squadra scandinava era tutt'altro che scarsa e poteva contare su di un attaccante come Tore Andre Flo, allora in forza al Chelsea. Il risultato dunque non era scontato e per togliersi dall'impaccio non restava altro che aspettare la seconda fase insieme al galletto gonfiabile e all'orso-allenatore.

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