1998

Racconto a puntate di Arturo Leoncini

Seconda parte

La notte della vigilia del 9 Giugno 1998 non si giocò nè il Gruppo B, nè il Gruppo A e men che meno il Gruppo H: fatto sta che ebbi degli incubi a dir poco allucinanti. L'unica immagine di quella notte che mi ricordo a distanza di tempo è quella di Romario che con la maglia del Brasile sgancia un missile che fa esplodere lo stadio. Non un tiro che manda in estasi la folla, ma una vera e propria arma bellica lanciata sul campo. Il significato di questo sogno mi è ancora dubbio. Quella notte mi svegliai varie volte mezzo sudato ed in posizioni del tutto indescrivibili: sicuramente la più "divertente" fu quella che mi vedeva completamente schiacciato contro la parete a mo' di ragno. E finalmente arrivò la mattina. Finalmente era il 10 Giugno 1998, il giorno di Brasile-Scozia. Si poteva sentire nell'aria uno strano profumo di sport che, per coloro che non lo seguono e non lo amano, non può essere apprezzato e nemmeno percepito. C'era quella energia positiva nel sapere che in Francia c'erano vagonate di palloni, bandierine, fili d'erba verde e pure bagarini. C'era quella pagina del televideo che con scritte in un verde quasi fosforescente celebravava l'evento con il programma di tutte le partite. C'ero io che disegnavo a più non posso con pennarelli Giotto semi finiti che sembravano chiedere pietà con i loro classici stridolii da pennarello esaurito. Tutte cose che ancora oggi mi riempiono di ottimismo al solo ricordo. Ma allora c'era un grosso problema: riuscire ad aspettare le 17:30. Non le 16:00, le 17:30. Ora voi immaginate la percezione del tempo che ha un bambino di 7 anni: ecco, il tempo passò lentissimamente. Quel dannato orologio digitale del televisore segnava le 16:14 e poco dopo si ostinava ad indicare le 16:18; in sintesi una noia mortale. Per fortuna la Rai programmò il collegamento prepartita alle 17:00 e la mia attesa fu un po' più sostenibile. A dirla tutta non ricordo i dettagli di questo fantomatico prepartita, il quale tutto sommato doveva essere noioso quanto l'attesa precedente, ma ricordo la voce e l'originale dizione di un uomo che stimo ed idolatro tutt'ora: Bruno Pizzul. Il primo impatto con il suono del suo parlato ebbe ripercussioni simili all'incontro di Ulisse con le celeberrime sirene. Anche adesso se qualcuno mi domandasse "Perchè ti piacciono tanto le telecronache?" io rispondere semplicemente: "Pizzul". Arrivarono le 17:15 ed ebbi una grossa sorpresa: cerimonia d'apertura. "In diretta dallo Stadio Saint-Denis di Parigi.." intonava quasi musicalmente la voce di Pizzul, mentre sul campo verde all'inverosimile si disponevano sei palloni da calcio enormi: sì, stavo effettivamente raggiungendo l'estasi dei sensi. Quel nome poi "Saint-Denis" allora mi sembrava avere un che di fiabesco e di leggendario. A dir la verità di solenne in quella cerimonia c'era ben poco: la fuoriuscita dei palloncini dai palloni da calcio giganti era condita da ballerine stile carnevale di Rio e dall'esibizione di Ricky Martin che cantava in playback "La Copa De La Vida" (Here we go alè alè alè ecc...); a ripensarci ora la parola esatta per descrivere quello spettacolino sarebbe stata "trash", ma allora mi sembrava di vedere un evento simile alla comparsa in cielo di un'aurora boreale. 17:30 : le squadre scendono in campo. I giocatori del Brasile si tenevano per mano mentre entravano sul terreno di gioco e la cosa mi sembrò alquanto bizzarra: mi ricordavano le gite fuoriporta che facevo con i miei compagni della scuola elementare. Della partita ricordo poco, purtroppo. Rimembro soltanto che facevo il tifo per la Scozia, dato che era nettamente inferiore alla compagine verde-oro, e che per poco stava quasi per riuscire a strappare un pareggio per 1-1, se non fosse stato per un autogol di un difensore scozzese che consegnò la vittoria al Brasile. La cosa che forse mi interessava di più allora, e forse anche tutt'ora, era quello strano contorno e quella strana atmosfera costituita da un mix di tifo da stadio indiavolato e sobria diretta televisiva: il risultato finale sul campo aveva quasi un aspetto secondario. Diciamo che quest'ultima asserzione fu del tutto avvallata per il comportamento che ebbi il giorno seguente. Forse, se siete di Firenze, non necessariamente fate il tifo per la Nazionale Italiana. Beh, io invece ho sempre fatto il tifo per gli Azzurri e forse una grossa spinta a questo atteggiamento me l'hanno data anche i Mondiali francesi di cui vi riporto. Per cui l'11 Giugno 1998 chi non tifava Italia e chi non guardava la diretta della partita su Rai 1, per me poteva anche essere esiliato in uno stato estero. Italia - Cile a Bordeaux: un match tutto sommato poco esaltante sotto il profilo tecnico, ma per me ha rappresentato forse la più manifesta allegoria di "che cosa è una partita di calcio". "Come notate dai vostri teleschermi l'Italia gioca in tenuta completamente bianca...Parte adesso il mondiale degli Azzurri". Con questo parole Bruno Pizzul inauguarava il più grande turbine di emozioni che dì lì a poco mi avrebbe investito irreparabilmente: passano pochi minuti e Vieri con un tocco da bomber consumato ci porta in vantaggio: 1-0. Ingenuamente sarei stato già pronto a stappare una bottiglia di champagne, se soltanto ne avessi avuto la facoltà e soprattutto l’abilità manuale. E' la classica situazione che coinvolge coloro che non sono abituati a seguire una partita. "Siamo in vantaggio? Allora vinciamo sicuro!" sentirete facilmente dire da personaggi di questo calibro, mentre voi spontaneamente vi toccate zone che non possono essere menzionate in questa sede. Ebbi la riprova che si può dire “gatto” soltanto quando lo si ha effettivamente nel sacco, e che soprattutto conviene starsene zitti e buoni sennò si rischia di essere travolti da una sfiga clamorosa: Salas segna, 1-1 al 45° minuto del primo tempo. ll Cile aveva paradossalmente uno degli attacchi più mortiferi del Mondiale: la coppia Salas-Zamorano. Non si sa per quale colpo di fortuna una nazionale sudamericana storicamente mediocre era riuscita ad avere tra le fila del suo attacco i centravanti di Lazio e Inter. E questo nella partita inaugurale dell’Italia si fece sentire: il gol del pareggio era uno stacco di testa perfetto, sul quale Pagliuca poteva farci poco.Tanto per rincarare la dose e per farvi capire che il Cile del ’98 era una notevole squadra, Salas all’inizio del secondo tempo risegnò di nuovo in maniera simile: 1-2. Mi sa che in quel momento avevo i lacrimoni agli occhi perchè mi ricordo delle immagini quasi “annacquate”... I minuti passano e non succede nulla: lo sconforto incomincia lentamente a passare dalla faccia di Cesare Maldini, ct della Nazionale, sulle nostre povere facce da spettatori; Pizzul ogni tanto ha qualche barlume, ma sembra più addormentato che sveglio; la torcida cilena ci fa pentire di essere nati. “Mani, rigore!” si risveglia Pizzul. Una fortuna sfacciata c’era venuta incontro. Il Caso volse che Roberto Baggio, subentrato al posto di Del Piero, tentasse il cross dal lato corto dell’area di rigore colpendo un difensore cileno proprio sul braccio, quest’ultimo nemmeno troppo largo ad essere del tutto oggettivi. Il Caso volse inoltre che sul dischetto andasse proprio Roberto Baggio, il quale, quattro anni prima, aveva sparato alto dagli undici metri a Usa ’94 permettendo al Brasile di conquistare il suo quarto titolo mondiale. Naturalmente allora queste informazioni erano in mio possesso soltanto parzialmente, ed erano piuttosto delle storielle che avevo sentito in giro. Quando infatti dicevo che il mio calciatore preferito era Roberto Baggio, tutti gli adulti che sentivano questa frase facevano delle facce strane, forse dovute al fatto che, oltre che ad aver sbagliato il rigore decisivo nella finale del 1994, il cosidetto “Divin Codino” era passato dalla Fiorentina alla Juventus nei primi anni novanta, causando una sorta di guerra civile per le strade di Firenze. Per questo venivo riconosciuto come un tifoso viola “ancora molto confuso”. “Bisogna dire che siamo stati molto fortunati” disse il buon Bruno e ciò era assolutamente innegabile. Tiro angolatissimo sulla sinistra, il portiere sfiora ma è comunque battuto: Baggio si fa perdonare e conquistiamo il 2-2 su rigore a pochi minuti dalla fine. Tutto ciò mi sembrò insoddisfacente: il pareggio, a quanto dicevano, valeva soltanto un punto, e per come la vedevo io era troppo poco. Lo spettro di vedere subito eliminata la nazionale ora aveva delle basi concrete: Cameroun e Austria adesso facevano una discreta paura e l’approdo alla fase ad eliminazione diretta era in bilico. Il Gruppo B rischiava di annientarci senza troppi comlimenti. Per fortuna Baggio e compagni erano pronti a smentirmi.

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