Saione

Pensieri nell'angolo

Quando ero piccolo e avevo voglia di starmene da solo, lontano dai rimproveri dei genitori, mi ritiravo sotto un grande albero verde. Amavo quel posto, perché non ci passava mai nessuno e anche perché era l'unico luogo in cui si poteva trovare un po' di refrigerio nelle bollenti giornate estive, quando la temperatura saliva fino ai 35°C e non si sognava altro che un tuffo in mare. Quell'albero era per me come un rifugio. Mi piaceva sedermi lì sotto a leggere un libro o semplicemente ad ascoltare il fruscio delle foglie o il canto del gallo, che rompeva il silenzio scandendo le ore della giornata.

Ille terrarum mihi semper praeter omnis angulus ridet

Quell'angolo di terra mi ha sempre riso, scriveva Orazio parlando del suo angulus, la villa di campagna nella quale amava trascorrere i suoi periodi di otium, e che gli diede l'ispirazione per comporre le sue meravigliose odi. Come si fa a credere, infatti, che la campagna non racchiuda in sé la poesia?

Sulle mura del casolare di Saione, sono state poste due pietre che riportano una un verso di D'Annunzio, l'altra uno di Leopardi.

"Primavera d'intorno, brilla nell'aria e per li campi esulta": per scrivere questo verso tratto dal "Passero solitario", Leopardi non avrebbe potuto trovare un'espressione migliore che descrivesse l'altro aspetto della natura: non solo rifugio, quiete, tranquillità, ma anche fertilità, vigore, esplosione di energia. La primavera, che il poeta evoca con quest'immagine ricca di vitalità, era la stagione che anche a Saione si attendeva pazientemente per tutto l'inverno, perché si poteva uscire di casa senza più patire il freddo, perché finalmente si poteva iniziare a raccogliere i frutti di un inverno di duro lavoro, e magari concedersi anche un attimo in più di riposo.

C'è chi ha reso la campagna poesia, e c'è chi, come Verga, ha invece provato a trasporre il mondo della campagna nella letteratura, ritraendolo nel modo più fedele possibile. Lui lo fece con la campagna siciliana, che immortalò nel piccolo borgo di Aci Trezza e nella triste vicenda della famiglia Malavoglia, eppure, quando lessi per la prima volta il suo romanzo, mi accorsi che la lingua che quei personaggi parlano non è poi così differente da quella usata dai miei nonni, e che prima di loro usavano i nonni dei miei nonni. Condivide con essa la schiettezza, la genuinità, la spontaneità, qualità che diventano sempre più rare man mano che ci si avvicina al presente. È stato quasi paradossale leggere quel romanzo e trovare in esso qualcosa di familiare, perché non avevo ancora capito quanto interesse potesse suscitare quel modo di vivere così ancestrale, che si è conservato inalterato nel tempo. Mi era sfuggito il valore di ciò che a me pareva normale, quotidiano, e che invece altri guardavano con curiosità.

È da qualche tempo che mi immagino Saione come una bolla, nella quale un frammento di passato è riuscito a rimanere intatto. La bolla è però fragile per sua natura; nessuno sa quando scoppierà, nessuno sa quale evento potrà farla scoppiare.

indietro avanti

copyright © 2011 Niccolò