In Italia

Dopo anni di peripezie finalmente Amedeo è in Italia, decise di mantenere segreta la sua presenza in patria a Bice e alla sua famiglia, perché aveva solo una cosa in mente: mantenere la promessa fatta ai suoi uomini, tornare a combattere con loro. Per questo motivo, come prima cosa si presentò al Comando dell’esercito a Roma, per prendere contatto con i suoi superiori, ma qui Amedeo era già Maggiore. La tanto agognata promozione infatti gli era stata assegnata da tempo, ma nessuno era riuscito a trovarlo per comunicarglielo. Espose al Comando il suo piano: se l’avessero paracadutato in Etiopia, poteva sollevare le popolazioni, a lui personalmente fedeli, contro il nemico.

La missione venne approvata, ma dopo pochi giorni, l’8 settembre 1943, venne resa pubblica la notizia della firma dell’armistizio con gli Anglo-americani, avvenuta il 3 settembre in Sicilia. L’Italia cadde nel caos, Guillet trovò le porte del Comando sbarrate, ma non si arrese. Egli aveva prestato fedeltà al Re, quindi, l’unica cosa da fare era andare dal monarca, perché solo lui lo avrebbe potuto sciogliere dal suo impegno e restituirlo alla vita da civile. La monarchia era il faro della vita di Amedeo, la luce che lo guidava. Per Amedeo l’emblema dei Savoia esigeva molta più lealtà dei tre colori della bandiera italiana. Per questo Guillet partì e raggiunse Brindisi, dove nel frattempo il Re Vittorio Emanuele III si era trasferito. Il re lo accolse, si fece raccontare la sua storia ed infine gli disse: “Lei ha fatto il suo dovere, Le sono molto grato, ma si ricordi, noi passiamo ma L’Italia rimane. Dobbiamo servirla sempre in ogni modo. La cosa più grande che un uomo possa avere è la propria Patria.”

Amedeo e Bice si sposarono il 21 settembre 1944 a Napoli. Ebbero 2 figli, Paolo e Alfredo. Amedeo diventò Generale a soli 37 anni. Con la proclamazione della Repubblica italiana, per Amedeo la carriera militare non aveva più senso, così si dimise e iniziò la sua collaborazione con i servizi segreti militari. Alla fine del 1945, Amedeo tornò in Eritrea per una missione dei servizi segreti, ma subito gli venne affidato un altro difficile compito, questo affidatogli dalla consorte. Bice chiese ad Amedeo di incontrare Kadija per consegnarle un suo braccialetto con solitario, in segno di profonda ammirazione e sincero ringraziamento per tutto ciò che aveva fatto per Amedeo. Dopo le prime perplessità, Amedeo acconsentì ad assecondare il desiderio della moglie. Kadija ed Amedeo si incontrarono per l’ultima volta in una sala da tè. Entrambi sapevano che quella sarebbe stato il loro ultimo incontro. Si intrattennero per alcune ore, senza parlare, mano nella mano.

Il ritorno in quella Terra, con la quale era entrato in così intimo contatto, nella quale aveva perso quasi se stesso, sfiorando il baratro del non ritorno sino a risorgere dalle sabbie. In quella Terra, nella quale tanti volti di anime autentiche e valorose l’avevano accompagnato negli anni. In quella Terra, il congedo non poteva risolversi senza rincontrare l’uomo che lo aveva riportato alla vita, quando il deserto lo aveva strappato da tutte le forze e lo stava trascinando verso la rinuncia.

Al Sayed Ibrahim Aljiemani non riconobbe quell’italiano “ma come sempre fu ben lieto di accogliere un viandante, anche se mortificato di non potergli offrire dell’acqua, a causa del crollo di una parete del pozzo. Ma quell’impedimento gli fornì il pretesto per raccontare una storia che da anni raccontava a chiunque lo ascoltasse. La storia di quando salvò nel deserto due yemeniti moribondi, di come si fosse affezionato ad uno di loro. Il vecchio mercante era sicuro che quegli uomini erano stati inviati da Allah, che spesso mette alla prova la fede e la carità dei suoi fedeli, ponendo sul loro cammino incontri speciali e soprannaturali.”

Negli anni trascorsi in quella Terra Amedeo aveva preso coscienza dell’importanza suprema di quanto l’aneddoto avrebbe preso lentamente la sembianza di leggenda, dove il confine tra realtà e trascendente è volubile e sottile come la leggerezza repentina con cui si trasformano le linee del deserto.

“Fu per questo che non gli rivelò la sua vera identità e gli disse di essere convinto che prima o poi i due pellegrini sarebbero riapparsi, magari proprio per riparare il suo pozzo. Congedatosi, Amedeo pagò degli operai per far in modo che quella notte stessa aggiustassero il pozzo del vecchio. Così all’indomani, Sajed Aljiemani avrebbe avuto una nuova straordinaria novella da raccontare ai pellegrini del deserto. Quello stesso deserto dove si sono incrociati i destini di eroi senza nome e senza tempo. Testimone delle prodezze del Tenente Guillet, delle scorribande del Comandante Diavolo e dei miracoli di Allah.”



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