Yemen

Iniziava ora il viaggio verso lo Yemen, stato neutrale, dove avrebbe trovato rifugio dagli inglesi, viaggio nel quale verrà accompagnato solo dallo yemenita Daifallah. . Riuscirono a raggiungere Massawa, dove si rifugiarono in una baraccopoli. Il problema da risolvere adesso, era quello di procurarsi il necessario denaro per poter pagare la traversata per raggiungere lo Yemen. Adattandosi ai lavori più umili, Amedeo si improvvisò facchino al molo e guardiano notturno. Essendo questi lavori troppo pesanti e poco remunerativi e considerando l’aggravarsi della ferita al piede, ad Amedeo, fortunatamente, venne l’idea che avrebbe risolto il loro problema. Riuscì a mettersi in affari con un vecchio acquaiolo che viveva nella baraccopoli: il vecchio avrebbe fornito il capitale, l’asino con cui raggiungere la fonte a circa 2 km di distanza; lui, invece, avrebbe investito il proprio lavoro per poi a fine giornata dividere il guadagno. Il vecchio accettò di buon grado e così, facendo due viaggi al giorno e riuscendo ad essere molto competitivo sul mercato dell’acqua, riuscì in breve tempo a risparmiare il necessario per pagare la traversata anche a Daifallah.

Trovati dei contrabbandieri disposti a trasbordarli, partirono per le coste yemenite. Il viaggio procedeva lentamente; ad un certo punto però il contrabbandiere, dopo aver fatto un affare molto vantaggioso, per paura di essere denunciato una volta sbarcati nello Yemen, decise di disfarsi di loro. Il miglior pretesto per poter attaccar briga era ovviamente quello religioso, così il contrabbandiere, che era ortodosso di rito sciafeita, chiese loro se fossero zeiditi, cosa di cui era già a conoscenza. Ricevuta risposta positiva, iniziò ad accusarli di essere dei nemici, dei traditori come d’altronde lo erano tutti gli altri zeiditi. Espose le sue condizioni: gli avrebbero riportarti sulla costa eritrea e restituito i soldi della traversata. Amedeo reagì con insolenza al torto subìto tanto che venne gettato in mare, mentre Daifallah (che non sapeva nuotare) venne accompagnato a riva. Sfuggendo ai pescecani, Amedeo riuscì a raggiungere la costa eritrea. Iniziarono a peregrinare nel deserto della Dancalia, dove stanchi ed assetati, incontrarono dei pastori nomadi vicino ad un pozzo. Ma anche i pastori, anziché aiutarli, li picchiarono e li lasciarono sanguinanti sulle roventi sabbie del deserto. Sotto un sole cocente, senza acqua, allo stremo delle forze continuarono a camminare, barcollando e perdendo talvolta il senso dell’orientamento sino alla sera, quando storditi, si accasciarono a terra.

La notte era illuminata da una grande luna piena che stava sorgendo lentamente, e fu grazie a quella luna che i due sventurati videro, in lontananza, un qualcuno avvicinarsi su una cavalcatura. Decisero allora che quella era l’ultima possibilità di mettersi in salvo, avrebbero rischiato di essere nuovamente aggrediti, ma questa volta sarebbero stati pronti a reagire. Il piano era semplice: rubare la cavalcatura e sperare in quel modo di mettersi in salvo. Si nascosero in un avvallamento, al passaggio dell’uomo, Amedeo gli intimò di fermarsi e Daifallah, che aveva nel frattempo cercato un masso con cui stordirlo, era pronto al comando di Amedeo. L’uomo credendo di essere incappato in un gruppo uomini armati, davanti ai quali non era saggio né fuggire né tentare di reagire, fece accomodare la cavalcatura e scese. Amedeo gli chiese chi fosse, tentando di pronunciare quella domanda con voce grossa e minacciosa. Al Sajed Ibrahim al Yemani. Sentito pronunciare tale nome e indicare la provenienza yemenita, Amedeo disse: “Signore, siamo due yemeniti”e stramazzarono a terra.



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