Eritrea

Ferito ad una gamba, nel 1938, Guillet fu costretto a tornare in Africa, in Eritrea. Il paese che trovò era notevolmente cambiato rispetto a quando era partito, l’opera italiana aveva plasmato il volto della sua colonia. Riprese il comando di uno squadrone di indigeni, a cui era stato affidato il compito di condurre opere di polizia coloniale.

Un giorno, mentre erano occupati in un giro di ricognizione, si imbatterono nell’ennesimo atto di banditismo, un furto di bestiame. Guillet e la sua Banda aiutarono gli uomini del villaggio a ritrovare il bestiame e una volta messi in fuga i banditi, vennero accolti trionfalmente dal villaggio. Era costume donare il 10% dei capi recuperati alle forze amiche, ma Guillet rifiutò l’offerta proponendo al capo villaggio di celebrare quell’evento inaugurando qualche giorno di festa aperta agli abitanti del villaggio e ai suoi uomini. Fu in quell’occasione che Amedeo conobbe Kadija, la figlia del dignitario del villaggio.

Kadija, di soli 16 anni, era una ragazza incantevole dai tratti delicati e nobili, dal dignitoso portamento che nascondeva una volubilità distinta. Amedeo rimase piacevolmente colpito da quella ragazza, intraprendente, dal carattere determinato e indomito, sfumato da una volubilità tutta femminile. Alle ripetute e compite avances che Kadija portò avanti nel corso del tempo, Amedeo aveva risposto sempre in maniera fredda e distaccata, nonostante fosse lusingato da tali attenzioni. Quando venne il momento di ripartire, al Gruppo Bande si unirono anche alcuni abitanti del villaggio. Tra questi vi era anche il fratello di Kadija, che quest’ultima decise di seguire con il resto dei famigliari dei nuovi arruolati. Amedeo non era a conoscenza del fatto, ma quando se ne rese conto, rimase alquanto infastidito dalla caparbietà e dall’insistenza della ragazza, che proseguì costante e temeraria nel perseguire il suo obiettivo.

Uno dei problemi a cui il gruppo di Spahi dovevano porre freno era quello di un gruppo di banditi contrabbandieri specializzati nell’attacco di convogli, che portavano avanti un modus operandi semplice ed efficace: uccidevano l’autista e si appropriavano del carico. Fu proprio a causa di uno scontro violento con questo gruppo di banditi che la morte avvolse tra le sue braccia il valoroso Mussa. La morte dell’amico Spahi gettò Amedeo nello sconforto. Qualcosa in lui si stava lentamente trasformando, di fronte ad una guerra che gli sembrava sempre più insensata e lontana dai principi appresi in Accademia, le sue convinzioni iniziarono a vacillare. In quel momento di dolore e profonda solitudine, Amedeo si arrese al conforto donatogli da Kadija. Da questo momento in poi, il giovane ufficiale iniziò a prendere decisioni prima impensabili: quando catturarono le truppe di Uvenè Tessemma, uno dei più pericolosi capi della guerriglia del negus Hailé Selassié, Guillet si sarebbe dovuto comportare secondo direttive ben precise: giustiziare ogni singolo ribelle trovato in possesso d’armi. Ma visti i volti fieri di quei nemici, che avevano combattuto con valore per la loro causa, il Tenente decise non solo di non procedere all’esecuzione, ma propose loro di entrar a far parte del suo squadrone. “Chi non vuole non è obbligato a seguirmi. Chi vuole venire, mi segua. Ma il primo che mi tradisce, lo uccido”. Queste furono le uniche condizioni poste. Rimasero tutti al suo servizio.

Il 10 Giugno 1940 l’Italia entrò ufficialmente nel Secondo Conflitto Mondiale, a fianco delle potenze dell’Asse dichiarando guerra a Francia ed Inghilterra. In Africa la situazione diventò subito drammatica, gli inglesi riuscirono a riconquistare molto velocemente Sidi el Barrani in Libia (oggi Egitto), continuando inesorabilmente la loro avanzata.



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