LA RELTA' QUOTIDIANA ATTRAVERSO LO SCHERMO




Il 1945 può considerarsi come l’anno zero del cinema italiano. Il lamento per la catastrofe della guerra e la ricostruzione danno vita al NEOREALISMO. Non si capisce bene se sia stato un movimento casuale o qualcosa di assimilabile a un manifesto politico o religioso. Già nei primi anni Cinquanta, quando si andava cercando paternità certe, la definizione di neorealismo è molto vaga. Oggi, invece, si può riconoscere proprio in quella indeterminatezza la vitalità di un rinnovamento che è parte del cinema e della cultura e della società. Le prime intuizioni di Zavattini, sulla “realtà che parla da sé”, sul “bisogno di verità” e sul cinema come “pedinamento del quotidiano”, trovano piena attuazione in un Rossellini, in un Visconti, in un De Santis. L’irrompere sullo schermo di contadini e operai, disoccupati e prostitute, suore e bambini, segna davvero l’inizio di una nuova epoca. E, anche se talvolta doppiati, a parlare sono “attori presi dalla strada” con le inflessioni dialettali. La macchina da presa esce finalmente dai teatri di posa e dalle pagine della letteratura ufficiale per andare a "sbirciare" dal buco della serratura quella che è vita reale. Ma lo scenario e le emozioni hanno una dimensione ormai universale. Ladri di biciclette e Umberto D., Bellissima e In nome della legge perdono ogni caratteristica nazionale o temporale per trasformarsi in un’ epica o in una tragedia senza confini. Ma questo “nuovo sguardo” che il neorealismo rivolge agli uomini del dopoguerra non è una pianta senza radici né tantomeno senza sviluppi. Tra le rovine della città e le prime periferie urbane, tra gli interni degli sfrattati e le strade dei disoccupati, s’intravedono l’antica vocazione realistica del cinema italiano e le sue nobili tradizioni del verismo letterario. Così come nelle fortunose lavorazioni in una Roma appena liberata, nell’eroico artigianato di scrittori, sceneggiatori, registi , scenografi, operatori e attori, oltreché tecnici e comparse, traspare una familiarità con le pratiche del cinema (fonti letterarie, strutture drammaturgiche, generi commerciali,meccanismi industriali) che darà al neorealismo una moltiplicazione di frutti, anche nel tempo. Lo scandaglio gettato nella cronaca (Roma ore 11 ) o nell’inchiesta giornalistica si sposterà di lì a poco nella prima televisione, così come la novità degli intrecci e il protagonismo degli umili saranno linfa per generi ormai consunti (dalla commedia al poliziesco, dal melodramma al bellico), anche negli anni del “boom” . E quell’ onda lunga si fa sentire anche ai giorni nostri.