JOSEPH KOSUTH E LA SUA VISIONE DELL'ARTE CONCETTUALE
"L'unica cosa cui l'arte aspira è l'arte stessa. Arte è la definizione di arte".
Con questo breve assunto, Joseph Kosuth (1945 a Toledo, Ohio), esponente del filone novecentesco dell'arte concettuale, concentra ma esplica chiaramente il suo pensiero: il compito dell'arte consiste nell'indagare continuamente la propria essenza e nel dare risposta alla domanda su cosa sia l'arte stessa. L'opera d'arte è dunque per lui un progetto di analisi, che non può contenere affermazioni su fatti estranei all'arte stessa, poiché possiede ormai una sua struttura tautologica. Ne è un esempio un suo lavoro del 1966, intitolato A FOUR COLOR SENTENCE (Berlino, Staatliche Museen zu Berlin).
In esso le parole realizzate in neon colorato rappresentano esattamente ciò che indica l'informazione verbale: la forma e il contenuto dell'opera corrispondono perfettamente fra loro. Il contenuto, non più figurativo, è costituito da qualcosa di verbale; pertanto, l'arte non può essere più valutata basandosi su categorie e parametri estetici. La forma, invece, è espressione della rottura con la tradizione operata dall'artista americano: secondo lui, l'arte concettuale pura deve rinunciare a ogni legame con i materiali e le tecniche tradizionali, e presentarsi soltanto in foma ideale.