LA DONNA NELL'ARTE DI KLIMT

Idea di amore, morte, perdizione e salvezza

La vicenda artistica di Gustav Klimt (Baumgarten 1862 ; Vienna 1918) coincide quasi per intero con la Secessione Viennese del 1897, ovvero un movimento artistico nato tra Germania ed Austria che aveva come obiettivo la creazione di uno stile che si distaccasse da quello accademico. Già nelle sue opere iniziali dei primi anni ‘90 del 1800 emerge la predilezione per il soggetto femminile che ancora esprime una bellezza decorativa influenzata dalla scuola romantica, ma la svolta che porta Klimt al suo inconfondibile stile la si ritrova nel famoso quadro “Giuditta I” del 1901 considerato il primo del “periodo aureo”, da questo momento il suo modus operandi si fa bidimensionale con l’accentuazione delle linee e delle campiture vivacemente decorate,

l’oro forma la trama coloristica principale nella quale si intersecano sinuosi contorni e giochi di arabeschi. Il soggetto di Giuditta è ovviamente la rivisitazione della storia biblica della protagonista che la porta a tagliare la testa al generale Oloferne per vincere l’assedio in cui era tenuta la sua città. Metafora del potere di seduzione delle donne che riesce anche a vincere la forza virile più bruta. La figura di Giuditta si presta come simbolo della femme fatale, dell’esasperazione dell’eros. La donna per Klimt non conosce vie di mezzo, è bellissima oppure orribilmente brutta, non ha pretese realistiche, anzi l’artista crea delle nuove figure femminili uniche nel loro ineguagliabile fascino e nella loro forza di carattere. L’arte di Klimt non si lascia intimidire dal pensiero puritano europeo, la donna non è scandalosa ma forte e sicura, non ha paura di esporsi e di non celare i suoi istinti facendo così emergere nell’uomo un sentimento di timore e fragilità quasi a sovvertire l’ordine del “sesso debole”. Nella Giuditta tagliatrice di teste si congiungono eros e morte, non regna più la ragione e la luce dell’intelletto ma l’irrazionalità.


Le donne di Klimt sono uniche, ognuna irripetibile nel suo fascino, anche la figura della madre viene rielaborata ed esplorata attraverso una poetica ancora una volta del tutto personale, come si nota nel “Fregio di Beethoven” del 1902 dove un cavaliere artista che, incoraggiato dalle muse, parte per raggiungere la Poesia rappresentata da una musicale fanciulla, prima, però, deve passare attraverso il regno del male abitato da mostri e donne perverse.

Il giardino dove si celebra l’abbraccio finale fra il cavaliere e la donna è un universo tutto femminile abitato da fanciulle - fiore nel quale l’uomo incontra la donna del suo cuore.L’arte serve all’artista per costituire una nuova riflessione sul rapporto uomo donna; Klimt ci dice che dal femminile nulla può prescindere, anzi, tutto procede: nasciamo dalla donna e in seguito, soli, senza l’abbraccio materno, concentriamo tutta la nostra forza l’energia possibile per conquistarla, sfidando il male che ha anch’esso origine e forma femminile.


Diverso è, invece,“Il Bacio” del 1907-1908 nel quale la donna si arrende alla passione dell’uomo in una sorta di riconciliazione amorosa, un momento di abbandono atteso . L’uomo proteso in avanti in atteggiamento di forza protettiva e tenerezza, un connubio ideale, spirituale, e fisico delle due figure. Le mani dell’ uomo sono molto definite, nodose e al contempo affusolate, gli attribuiscono un’ identità di approdo, un porto sicuro, la donna è così finalmente libera di esprimersi nella sua fragilità femminile; non più donna conturbante, arbitro unico del mondo maschile, ma dualità di principi vitali che si fondono in un reciproco scambio di sensi. Klimt nel Bacio è riuscito ne difficile tentativo di fermare l’attimo di “ sympatheia” dell’amore fissando una dimensione a-temporale e a-spaziale di questo gesto che di per sé vive incarnato nell’intreccio degli amanti.



Ma l’opera Klimtiana che più rivisita l’esperienza femminile è “Tre età della donna” del 1905: l’infanzia, la maternità e l’inevitabile declino della vecchiaia sono mostrate con eleganza e forte espressionismo; il diverso sentimento della vita è suggerito dalle posizioni assunte dalle figure rappresentate nude su vari livelli.

La donna anziana è di profilo e mette in evidenza la deformazione provocata dal tempo sul corpo, la rinuncia ad aprire gli occhi sulla realtà coprendosi il volto con le mani, la giovane madre invece è presentata frontalmente in netto contrasto con l’altra a partire dalla delicata nudità al colore luminoso della pelle quasi a evocare una dimensione sacra alludendo alla divinità della Madonna; un serpente stilizzato, mimetizzato con il drappo trasparente intorno alle gambe della donna, indica il male della vita, mentre la bimba abbandonata in un sonno profondo, assorbita totalmente nella figura materna, è ancora ignara del suo percorso nel mondo.




Klimt esalta la figura femminile spogliandola e vestendola d’oro, indaga dentro esse entrando intimamente in contatto con lo spirito della donna , Klimt la venera così tanto che riesce a renderla bella, spietata e immortale nei suoi quadri.