"Corpi ambientali virtuali"

"Il terremoto, cieca forza d'una maligna natura, è un doppio disastro, fisico e umano. Spazza via in pochi secondi secoli di storia, cultura, civiltà. Là dove erano focolari, rifugi per soste di riposo, coaguli di tenerezze, trame d'amore, dolore, eventi di vita e morte, accumuli di memoria, di colpo si fa il deserto, terreno nudo e vago. E puntualmente spuntano, su questi luoghi dalla malasorte accarezzati, dalle selve della violenza e del disumano, dall'antistoria dell'opportunismo e del cinismo, spuntano i lupi e gli sciacalli. Ma è anche il momento, dopo il terremoto, di non perdersi nel mare della disperazone e dell'annientamento. E' il momento di ricominciare a costruire la storia. Ricostruire sulle pietre della consapevolezza e della ragione, e anche, perchè no?, sulle pietre della bellezza. Niente è più entusiasmante della costruzione di una nuova città".

(Vincenzo Consolo, 1989).

Il Sistema delle Piazze è costituito da un grande recinto, articolato in cinque interni comunicanti, che ha permesso di contenere in un unico spazio gli informi slarghi presenti nel tessuto urbano della città riedificata dopo il terremoto del 1968. Destinato a tagliare la monotonia delle stecche residenziali con luoghi di convergenza civica puramente "estetici" ed architettonici, il sistema direzionale si basava sul caposaldo rappresentato, in controcanto con la chiesa quaroniana, dal teatro di Samonà, dal parallelepipedo del municipio, dal cono teatrale, e, all'apice, dalla Sfera.In risposta al terremoto, le nuove abitazioni erano state quasi del tutto realizzate in base ad un tracciato in gran parte non interpretato in tutte le sue potenzialità, mentre rimaneva ancora da ultimare il sistema degli edifici pubblici e degli spazi urbani. Come le altre città rifondate dopo il sisma, Gibellina Nuova era profondamente diversa dalla città che sostituiva: gli insediamente distrutti erano compatti, contrapposti al paesaggio, statificati, contraddistinti da una serrata dialettica tra il tessuto residenziale e gli edifici a destinazione collettiva.

Gli abitati nuovi erano invece estesi, quasi a cercare una relazione organica con il paesaggio; disponevano di strade e piazze dilatate le quali contraddicevano le abitudini alla prossimità che i precedenti centri al contrario favorivano; la relazione tra il tessuto e gli edifici pubblici si poneva in termini di una complessità urbana che sembrava eccessiva rispetto alla contenuta misura degli insediamenti. Ciò che i progettisti proponevano era quindi di considerare le indeterminate superfici tra le residenze come aree sulle quali costruire una serie di edifici nell'intenzione di rendere il tessuto meno rado e ripetitivo, conferendogli nello stesso tempo una maggiore identità tramite interventi riconoscibili. Questi edifici potevano essere destinati ad abitazioni o a servizi commerciali e pubblici, attrezzature queste, nel piano originario, nettamente separate dal tessuto residenziale. Quasi al centro della città c'era poi un grande vuoto, come una piazza, un'interruzione che era rimasta però inattuata, perimetrata dai fronti ciechi delle case a schiera. Questo spazio indeterminato suggerì a Laura Thermes l'idea del "Sistema delle Piazze", che poi parzialmente realizzò in collaborazione con Franco Purini.

Manifesto del Museo d'arte Contemporanea di Gibellina www.comunedigibellina.it