VAIANO E LA BADIA DI SAN SALVATORE

La verde conca di Vaiano, come tutto il territorio circostante, fu sicuramente sede di insediamenti rurali almeno dal periodo romano, ma il primo nucleo abitato si sviluppò probabilmente sullo scorcio del X secolo intorno alla Badia di San Salvatore, e fu strettamente legato alle innumerevoli attività del monastero, la cui importanza economica, sociale e naturalmente religiosa crebbe rapidamente, portando a un notevole sviluppo agricolo nelle zone circostanti. Dal XII secolo, con la parallela formazione del feudo degli Alberti e del libero comune di Prato, Vaiano divcenne uno dei "popoli" del distretto pratese al confine con il feudo suddetto. Anche per questa sua posizione l'abitato, che si sviluppava sulla strada principale, fu dotato di difese e porte, e probabilmente nel XIV secolo, di mura (che però lasciavano all'esterno la Badia). Lo sfruttamente dell'energia idarulica del fiume Bisenzio, avviato a partire dal Medioevo con mulini, magli, cartiere, fonderie, fu alla base nell'Ottocento dello sviluppo industriale della zona, con opifici tessili anche di notevoli dimensioni. Questa attività, la costruzione della Direttissima Bologna-Firenze (dal 1914-34) e dal dopoguerra la crisi dell'agricoltura e del sistema mezzadrile, hanno contribuito a modificare rapidamente vita sociale e aspetto di quest'area. Nel 1949 Vaiano è divenuto Comune autonomo.




La Badia

La storia
Il monastero di San Salvatore fu fondato da monaci benedettini cassinesi tra il IX e il X secolo, anche se la testimonianza più antica che possediamo è un documento del 1057. Fra il 1073 e il 1076 il monastero aderì alla riforma vallombrosana, passando sotto l'ordine al tempo del governo del beato Rodolfo, successore del fondatore dei vallombrosani, Giovanni Gualberto. Il primo nucleo del complesso doveva avere la chiesa e un chiostro che riuniva attorno a sè gli ambienti per la vita in comune dei monaci, così come richiesto dalla regola. Nel XII secolo fu probabilmente ricostruita la chiesa nella forma che ha ancora oggi e anche l'intero complesso monastico fu ampliato notevolmente. Sappiamo, infatti, che nel 1135 e nel 1160 ospitò il Capitolo Generale degli abati vallombrosani. La costruzione del campanile in alberese e serpentino risale al 1258, sotto il governo dell'abate Verde, che lo fece edificare forse su una precedente torre del XII secolo. Intorno al chiostro si articolavano gli ambienti monastici: la sala capitolare, il refettorio, la cucina, la cella per l'amministrazione delle terre possedute, e il magazzino; al piano superiore, invece, era ubicato il dormitorio. Intorno all'edificio erano vasti orti, coltivati dai conversi. oltre ai monaci e ai conversi vivevano nel monastero anche chiericie laici, per lo più destinati al servizio personale dell'abate. all'ultimo posto stavano i servi, i coloni, gli affittuari: tutti dovevano rendere servigi all'abate, loro dominus. Con l'istituzione della commenda dalla fine del XIV secolo la badia decadde progressivamente poichè i commendatari si limitavano a godere dei benefici senza curare il buon andamento della vita monastica e dell'istituzione stessa. L'edificio comincò ad essere nuovamente curato con le commende medicee, venne demolito il chiostro romanico,ormai in decadenza e costruito uno nuovo in forme rinascimentali negli anni tra il 1460 e il 1492. Sostanziali interventi alla chiesa furono apportati nella seconda metà del Cinquecento e addirittura nel 1595 venne riconsacrata. Nel periodo a cavallo tra Seicento e Settecento la chiesa subì profonde trasformazioni, tra cui la costruzione del coro coperto da volte a crociera e la sistemazione di altari barocchi in arenaria alle pareti e, infine, venne realizzato l'altar maggiore. Nel 1808 il governo napoleonico decretò la soppressione del monastero, i cui beni furono venduti. La chiesa divenne parrocchia, elevata al grado di propositura nel 1925. In questi anni fu deciso il ripristino della chiesa che, sotto la direzione di A.Colzi, assunse un aspetto neoromanico. Vari restauri sono succeduti, tra cui uno nel 1975 ed un ultimo attento lavoro di restauro conclusosi nel 1999.
Il complesso
La facciata basilicale della chiesa mostra una muratura in filaretto di alberese, anche se le ali relative alle navate laterali presentano la sommità intonacata, frutto di un rialzamento delle stesse in epoca più tarda. La bifora centrale e l'archivolto sul portale, che presentano motivi bicromi, sono rifacimenti neo-medievali. Anche la parte posteriore appare assai rimaneggiata, la torre cmpanaria, invece, ha mantenuto l'originale struttura, alta 40metri, in alberese è ritmata dalle sottili fasce orizzontali in serpentino verde. L'interno della ciesa di San Salvatore ha pianta basilicale, con le navate, coperte da capriate lignee, suddivise da semplici pilastri di pietra di forma quadrangolare, piuttosto irregolari; irregolare è anche l'andamento delle pareti, probabilmente frutto del lavoro di maestranze locali. Il presbiterio è rialzato da tre scalinate, sotto il quale si apre una vasta cripta, rimaneggiata che mantiene l'abside centrale e la copertura con volte a crociera. Al centro del presbiterio è collocato un grande ciborio neoromanico, dietro il quale si estende il coro ligneo con stalli in noce e al centro il badalone (leggio) a base ottogonale del 1695. Il complesso monastico si struttura intorno al chiostro rinascimentale, a due ordini, presenta arcate inferiori in parte tamponate, mentre il piano superiore fu completamente chiuso nel Settecento. Alle pareti del chiostro sono quattro stemmi medicei in terracotta, al centro è posizionata una fontana in arenaria del 1663 in sostituzione dell'antico pozzo.

L'abate Agnolo Firenzuola

Agnolo Giovannini, detto Firenzuola, letterato e umanista fiorentino, nato nel 1493, fu abate usufruttuario della Badia di San Salvatore per due anni. Egli, monaco vallombrosano, era stato in precedenza procuratore della Curia di Roma sotto Papa Leone X. Nel 1526, tuttavia, ebbe il privilegio di essere sciolto dai voti monastici, pur conservando benieficie prebende, che gli consentivano di vivere agiatamente. Il Firenzuola non abitava a Vaiano, ma a Prato dove conduceva vita mondana e frequentava le famiglie più in vista dell'epoca. In quegli anni scrisse molte novelle nei luoghi che gli erano familiari: "la grande e popolosa città di Meretto, "l'antica e nobile città di Sofignano". Le storie hanno come protagonisti degli animali, spesso esotici e sono narrate con ironia e grazia, rivelando un intento moralista e l'invito a sagge riflessioni attraverso la caratterizzazione dei vari animali. Quando al Firenzuola fu tolta la prebenda di San Salvatore, egli cadde in miseria e morì nel 1543 quasi dimenticato.





Il museo della badia

Il Museo della Badia di Vaiano è stato inaugurato nel 1993, come prosecuzione della mostra di archeologia medievale realizzata l'anno precedente nell'ambito degli Itinerari Laurenziani. Il 29 maggio 1999 è stato riaperto in una veste totalmente rinnovata dopo un attento lavoro di restauro. Attualmente il museo si compone di cinque sale (e due sale più piccole) che facevano parte anticamente del refettorio monastico e dell'appartamento dell'abate. L'allestimento in maniera didattica conduce il visitatore a comprendere lo svolgimento della vita dei monaci della badia e la funzione religiosa, sociale ed economica del monastero nel territorio: il coro e la preghiera corale dei monaci, il refettorio e gli usi alimentari monastici, la sala capitolare e l'organizzazione economica delle proprietà fondiarie e manifatturiere, l'appartamento dell'abate, l'ospedale e l'assistenza ai viandanti sono i temi che emergono dal percorso espositivo. Un aspetto valorizzato dall'allestimento è anche l'illustrazione del sentimento della religiosità popolare e delle forme nelle quali esso si esprimeva in passato. Dopo i necessari interventi di restauro è in fase di studio l'allestimento di una sesta sala che esporrà alcuni arredi e dipinti provenienti da altre chiese della vallata, le cui opere d'arte custodite da secoli sono sottoposte a furti continui.


Le sale
SALA 1: IL TEMPO DEL LAVORO- Nell'antico refettorio sono esposti alcuni reperti archeologici che documentano gli usi alimentari e la vita quotidiana dei monaci di Vaiano.
SALA 2: IL TEMPO DELLA PREGHIERA- Nelle vetrine e sopra uno schematico altare sono esposti gli arredi sacri che documentano le cerimonie della liturgia monastica, legata soprattutto all'ufficiatura corale e alla Messa solenne.
SALA 3: LA COMPAGNIA E LE CONGREGHE- Attraverso gli oggetti appartenuti all'antica Compagnia del SS. Sacramento di Vaiano si ricostruiscono le funzioni e i compiti di queste antiche forme di associazionismo nelle quali veniva organizzato il sentimento di religiosità dei fedeli che vivevano nel borgo vicino al monastero.
SALA 4: LA RELIGIOSITA' POPOLARE- La sala è dedicata soprattutto al tema della processione nella quale si esprimeva in maniera evidente il sentimento di religiosità dei fedeli. Si espongono gli arredi (come la grande macchina processionale dorata) che in epoca barocca costituivano l'apparato solenne di queste manifestazioni. Da questo ambiente si accede alla cappella dell'abate, dove è ricostruito il rito della Messa privata del superiore della comunità monastica, e allo scrittoio che espone alcune edizioni originali delle opere di Agnolo Firenzuola che per alcuni anni fu abate a Vaiano.