SUBLIME

LA BELLEZZA AI CONFINI DELL'ASSOLUTO

Secondo un’antica tradizione il termine “sublime” deriverebbe da sub limine oppure da sub limo, “sotto il fango”,ossia qualcosa di profondo,nascosto dalla sporca banalità della superficie. E’ possibile anche che il termine derivi dall’aggettivo limis o limus,che significa “obliquo” ed è riferibile ad un innalzarsi verso l’alto di qualcosa che non segue un movimento perpendicolare al suolo (ad un’altezza raggiunta in maniera indiretta e diagonale). Nell’antichità il sublime era riferito sostanzialmente alla retorica ed alla letteratura:lo attesta il Peri ypsous del cosiddetto Pseudo Longino (alcuni l’hanno identificato con Petronio,l’autore del “Satyricon”,ma la cosa è improbabile) o Anonimo del Sublime.Il sublime rappresenta qui il sentimento di orgoglio provato da chi,dinanzi a testi letterari,avverte in sé “l’eco di una grandezza d’animo”,ovvero da chi è talmente coinvolto dall’opera di un autore da credere di aver scritto i versi che legge o ascolta. A differenza di quello antico,il sublime moderno non viene più riferito allo stile,bensì all’effetto che,indipendentemente dallo stile,i grandi pensieri e sentimenti della poesia producono sulle emozioni dei lettori.L’ambito privilegiato in cui il sublime si manifesta è quello del sentimento religioso:la Bibbia offre,infatti,mirabili esempi di sublime.Cosa c’è di più commuovente e grandioso delle semplici parole del Libro della Genesi: “Fiat lux?”.Ma in età moderna,si può dire che il sublime è riferito sostanzialmente alla natura.Già nel Seicento,l’uomo non era più considerato armonicamente incastonato nel sistema della natura.Egli può solo contemplarla dall’esterno,come se fosse un luogo alieno.Cacciato dal centro dell’universo,sospeso nel vuoto,in immensi spazi bui,l’uomo passa dall’immobilità al movimento.Tramontata l’idea,di origine protagorea,dell’uomo “misura di tutte le cose”,la natura,diventata estranea,non si rispecchia più allo stesso modo in noi,come noi non ci rispecchiamo in essa. Questo mutamento di mentalità favorisce la rinascita del sublime,ma non più eco di una gioiosa grandezza d’animo.I pensieri elevati sono colmi di inquietudine,di angoscia,di sbigottimento,di terrore: “Il silenzio eterno di questi spazi infiniti mi spaventa”dice Pascal in un suo frammento. Ma grazie alle scoperte rese possibili dal microscopio,alla rinascita dell’atomismo democriteo e lucreziano e al diffondersi di idee panteistiche con Spinosa,l’uomo abbandona la fase malinconica di disorientamento e di angoscia in favore di un belligerante atteggiamento di sfida nei confronti della natura.La debolezza e vulnerabilità fisica dell’uomo viene largamente compensata dall’enfasi posta sulla sua superiorità morale ed intellettuale.L’uomo sa di poter sgominare la natura sul piano del pensiero. Preso atto del lutto per la perdita della presunta corrispondenza tra l’uomo ed il mondo,ci si misura con lo smisurato,si fanno i conti con l’infinito,si affrontano i rischi delle montagne,degli oceani,delle foreste,dei vulcani e dei deserti.Non senza sorpresa,si scopre allora che l’orrore dinanzi a ciò che è immenso e temibile può anche tingersi di piacere.Da questo momento in poi,ciò che in natura è terribile diventa l’ingrediente indispensabile di una superiore emozione estetica.Nel Settecento,a partire dalla Gran Bretagna,il sublime naturale nasce e si impone indipendentemente dal sublime letterario di origine longiniana. L’uomo si rende conto della propria debolezza e delle vulnerabilità del proprio corpo,sa che dovrà soffrire e morire,ma la sfida ingaggiata – che termina con una resa apparente,con un “dolce naufragio” – lo fortifica e ne alimenta l’autostima .Da questo punto di vista il sublime appare sia come risarcimento emotivo per l’umiliazione subita,sia come sforzo di comprendere la natura con altri mezzi.Se l’uomo di animo nobile non accettasse questa sfida,non sorgerebbe in lui la paradossale calma inquieta che caratterizza il sublime.

Le cause del Sublime

Terrore - Fussli:"Incubo"

Nessuna passione, come la paura, priva con tanta efficacia la mente di tutto il suo potere di agire e di ragionare. Poiché, essendo il timore l’apprensione di un dolore o della morte, agisce in modo da sembrare un dolore reale, tutto ciò, quindi, che è terribile alla vista è pure sublime, sia che la causa della paura alla grandezza delle dimensioni oppure no (vi sono molti animali che, sebbene non siano affatto grossi, sono tuttavia capaci di suscitare l’idea del sublime, come i serpenti velenosi). Per Fussli il “sublime” è in profondità invece che in altezza,nel sogno e nell’incubo,più che nelle visioni trascendenti:come Blake vive di visioni,così Fussli vive di incubi,in entrambi è dominante il pensiero del passato che,però può essere evocato più come mitologia che storia.

Oscurità - Fussli:"Incubo"

Quando conosciamo l’intera estensione di un pericolo, quando possiamo abituare a essa il nostro sguardo, gran parte del timore svanisce: la notte, è comune a tutti, aumenta il nostro terrore; le nozioni di fantasmi e folletti, sui quali nessuno può formulare delle idee chiare impressionano gli animi di chi crede nelle favole popolari.

Potenza - William Turner:"Tempesta"

Il dolore è sempre inflitto da un potere superiore, poiché non ci sottomettiamo mai al dolore spontaneamente. La potenza trae la sua sublimità dal terrore a cui va unita, ogni volta che la forza è soltanto utile e viene usata a nostro beneficio o per il nostro piacere, non è mai sublime: un bue è un essere di grande forza, ma è una creatura innocente e per nulla pericolosa; per questo l’idea di un bue non è per niente sublime. L’idea di un toro, invece è grandiosa, ed esso trova sovente posto in descrizioni sublimi e in nobili paragoni.

Vastità - Caspar David Friedrich:"Viandante su mare di nebbia"

Per quel che riguarda la vastità, l’estensione è o in lunghezza o in altezza o in profondità. Di queste la lunghezza colpisce meno. Allo stesso modo l’altezza è meno grandiosa della profondità; infatti siamo maggiormente impressionati nel guardare giù da un precipizio che nel guardare verso l’alto un oggetto di uguale altezza. Come il grado estremo della dimensione è sublime, così il grado estremo della piccolezza è pure sublime. Quando noi osserviamo l’infinita divisibilità della materia, quando seguiamo la vita animale in esseri piccolissimi e pure organizzati e la scala dell’esistenza che ancora diminuisce, rimaniamo stupiti e confusi ai miracoli della piccolezza. Alla riflessione sul sublime corrispose in Germania l’attività di alcuni pittori di paesaggio,tra i quali eccelse Caspar David Friedrich. Le sconfinate distese di ghiaccio o le suggestive vedute di alta montagna,gli orizzonti infiniti su cui minuscole presenze umane misurano la loro contemplazione e sembrano raggiungere un punto di armonia dell’assoluto,la natura nella sua vastità ed imponenza,quindi intesa come luogo privilegiato dell’esperienza spirituale dell’uomo,sembrano attuare e rendere concretamente visibili le teorie filosofiche degli intellettuali. Ne “Il viandante sul mare di nebbia” emerge il senso di smarrimento dell’uomo davanti all’intuizione dell’infinito,ma anche l’esaltazione dell’animo per la potenza della natura che avvicina a Dio.Il punto di vista all’altezza del personaggio ritratto consente allo spettatore l’identificazione.La scelta di ritrarre le figure di spalle,in modo che le loro identità non siano riconoscibili,è significativa della volontà di renderle in qualche modo tramiti di messaggi universali.Le figure sono poi spesso minuscole,in modo che la loro presenza sottolinei la piccolezza e la solitudine dell’uomo nella grandezza del creato.

Infinità - Giacomo Leopardi:"L'Infinito"

Passando poi all’infinità, vi sono pochissime cose che per loro natura sono infinite, ma non essendo l’occhio capace di percepire i limiti di molte cose, sembra che esse siano infinite e producono gli stessi effetti che se realmente lo fossero. Ogni volta che nel nostro pensiero ritorna con frequenza un’idea, essa viene ripetuta ancora molto tempo dopo che la prima causa ha cessato di agire: ad esempio dopo una lunga successione di rumori, come può essere una cascata, l’acqua ancora rumoreggia nella nostra immaginazione molto tempo dopo che i primi rumori hanno cessato di esistere. L’Infinito di Leopardi si muove - in qualche misura - in questa prospettiva.

[…]La vista è limitata dalla siepe, ma c’è, per così dire, un "buio oltre la siepe" che mi sfugge, che costringe l’immaginazione a inseguire questo al di là; oppure lo stormir di fronde attuali mi fa venire in mente le morte stagioni, in contrasto con la presente e viva stagione. E mi fingo - dice Leopardi - tutto questo scenario nel pensiero, "ove per poco il cor non si spaura". Appunto questa è la caratteristica del sublime: non è la paura allo stato puro, ma è "ove per poco il cuore non si spaura", perché io mi sottraggo, con uno scatto di orgoglio che ricorda lo Pseudo-Longino, a questa perdita di me stesso nel mondo infinito dello spazio e del tempo. E il naufragare, che è dolce in questo mare, dipende dal fatto che l’impossibilità di rappresentare, in forma sensibile, questa potenza infinita delle forze naturali, alla fine mi lascia in uno stato di snervata felicità […] - Intervista a Remo Bodei -

Difficoltà - Joseph Turner:"Annibale che attraversa le Alpi"

Passando alla difficoltà, quando un’opera sembra abbia richiesto un’immensa forza e fatica per essere compiuta, l’idea che ne abbiamo è grandiosa. Stonehenge non offre quanto a disposizione di masse o a decorazione alcunché di ammirevole; ma quegli immensi rozzi macigni di pietra ritti e messi l’uno sull’altro spingono il pensiero all’immensa forza necessaria per tale lavoro. Anzi la rozzezza dell’opera accresce questo motivo di grandiosità, mentre esclude l’idea di arte.

Magnificenza - Theodore Géricault:"La zattera della medusa"

Infine, la magnificenza: una grande profusione di cose, splendide o pregevoli in se stesse, è magnifica. Il cielo stellato, sebbene cada frequentemente sotto il nostro sguardo, suscita sempre un’idea di grandiosità, che non può essere dovuta a qualcosa che si trovi nelle stelle stesse considerate. separatamente. La causa sta certamente nel loro numero. Il disordine apparente aumenta la grandiosità, poiché l’aspetto dell’ordine è altamente contrario alla nostra idea di magnificenza. Mentre nei pittori neoclassici il sublime eroico è statico,in quanto idealizzato,in Géricault è mobile,in quanto nasce dalla vita stessa ed è nei momenti transitori di essa che deve essere colto.

I Luoghi del Sublime

Tutti i luoghi del sublime hanno caratteristiche comuni:pongono l’individuo che li contempla in solitudine dinanzi a spettacoli solenni e maestosi,capaci di suscitare in lui sentimenti misti di terrore e fascino;lo strappano alla banalità e all’affannoso trascorrere dei giorni;lo costringono a rivelare indirettamente qualcosa su se stesso,a porsi quelle grandi domande sulla propria esistenza nel mondo che normalmente evita di formulare (che sono forse insolubili,ma che costituiscono comunque sorgenti di pensiero e di emozione). Ognuno di questi luoghi produce,tuttavia,simili effetti secondo modalità proprie.

Montagne

Con la loro verticalità,le montagne hanno spesso rappresentato l’allegoria del sacro.La neve bianca immacolata,simbolo di purezza;l’aria rarefatta delle vette,che dà un senso di euforica leggerezza;il loro contorno che evoca l’idea di eternità;lo sguardo dall’alto sull’abisso,che ricorda il mistero dell’esistenza;il sentirsi sospesi tra cielo e terra…tutto attira gli animi verso l’alto,verso la contemplazione e la luce.Le cime dei monti sono,letteralmente,il luogo sublime verso il quale ci s’annalza.

Deserti - Caspar David Friedrich:"Naufragio della Speranza"

Il deserto,con la sua minaccia alla sopravvivenza e con l’incombere dell’ignoto,che spinge gli audaci all’avventura,è anch’esso luogo di ascesi,di privazioni che purificano ed elevano l’animo,di risveglio del sentimento dell’infinito. La solitudine (come accade anche in altri luoghi sublimi,quali la montagna e l’oceano) favorisce la concentrazione,la contemplazione e la preghiera. Il deserto ci fa conoscere maglio il sublime che è in noi,ci rivela immediatamente a noi stessi.Ciò vale soprattutto di notte,quando nel suo clima estremamente secco le stelle brillano più luminose e distinte che in qualsiasi altra parte del globo,dando maggior spessore alla domande insolubili che riguardano il significato del nostro vivere.Il silenzio,il vuoto,la solitudine aprono l’animo a spazi muti ed illimitati,dove l’immaginazione si perde.Allora,pur avvertendo come povera ed insignificante l’esistenza umana rispetto al cosmo nella sua grandezza e potenza,nasce in chi contempla un confuso sentimento di gratitudine per aver avuto in sorte la possibilità di godere di questo spettacolo,”sperduti nell’altro firmamento terrestre costituito da infiniti,scintillanti granelli di sabbia”.O di scoprire,alla maniera di Schopenhauer,da un lato,la nostra dipendenza dalle potenze della natura e la minaccia alla nostra sopravvivenza,dall’altro,il nostro distacco dal mondo come esseri razionali che lo contemplano dall’esterno.

Vulcani

Il vulcano è il simbolo di un’improvvisa minaccia rimasta latente per un tempo più o meno lungo,di una distruttività intermittente che non si limita a colpire singoli individui,ma dà luogo a memorabili catastrofi collettive.Anche per la sua elevazione,che lo assimila alla verticalità della montagna,e per il suo cratere,che mette in contatto l’abitabile superficie del pianeta con le sue infuocate viscere,il vulcano partecipa del sublime.Unisce,infatti,in sé l’alto ed il basso,la natura prima,indomita – magmatica,informe e selvaggia – con la natura seconda,spesso civilizzata alle sue stesse pendici e nei suoi dintorni dal lavoro umano e dalla presenza di centri abitati.

Foreste - Caspar David Friedrich:"Il cacciatore nel bosco"

In Germania Friedrich partecipa totalmente, come uomo e come artista, alla rivoluzione romantica. Egli è ritenuto un grande paesaggista, ma il termine non va inteso in senso illuminista (si pensi ad un Canaletto), bensì in senso romantico di totale convivenza tra l’uomo, finito e tuttavia colmo di aspirazioni all’infinito, e la natura, immensa e possente. Nel paesaggio Friedrich ritrova i suoi sentimenti, la coscienza della solitudine dell’uomo, la sua angoscia di fronte al mistero; in una sola parola il sublime. Propriamente esso si configura essere quel senso di sgomento che l’uomo prova di fronte alla grandezza della natura quando questa si rivela in tutta la sua terribilità e ognuno di noi sente la sua piccolezza, la sua fragilità, la sua finitezza, ma, al tempo stesso, proprio perché cosciente di questo, intuisce l’infinito e si rende conto che l’anima possiede una facoltà superiore alla misura dei sensi

Lo stare sdraiati sull’erba,a diretto contatto con la terra e con la natura,ma nello stesso tempo,il guardare verso il cielo,uniscono il basso e l’alto,il bello al sublime della natura.Il sentirsi cullati vuol dire avvertire l’intima conciliazione di uomo e natura,l’indistinzione di soggetto ed oggetto priva di quella volontà di sfida e di lotta che contrassegna il sublime.