I MACCHIAIOLI

"La signora Martelli a Castiglioncello"

Il movimento pittorico dei Macchiaioli è nato a Firenze a cavallo tra l’Ottocento e il Novecento. Questo movimento è l'unico che nel panorama del secolo meriti veramente il nome di “scuola” sia per la comunità di intenti che legava i componenti del gruppo, provenienti da diverse regioni e tradizioni artistiche,sia per l'alta qualità complessiva dei risultati pittorici raggiunti. Il termine venne coniato per la prima volta nel 1862 da un anonimo recensore della «Gazzetta del Popolo»in occasione di una esposizione fiorentina tenutasi proprio quell’anno: con Macchiaioli si identificavano in senso dispregiativo quei pittori che intorno al 1855 avevano dato origine ad un rinnovamento antiaccademico della pittura italiana in senso verista. Di fatto tale movimento prende avvio nel 1856. In questi tempi il luogo culturale privilegiato era la saletta del Caffè Michelangelo in Via Larga a Firenze (oggi Via Cavour) : affollato di giovani talenti, qui gli artisti amavano scambiarsi le proprie idee al di fuori di ogni regola scolastica ed accademica, in un atmosfera forse confusionaria ed irrequieta ma densa di stimoli e fermenti creativi. Al suo ritorno da Parigi anche il critico Diego Martelli nel corso di un importante conferenza sugli impressionisti fatta a Livorno nel 1879, parlò del caffè Michelangelo ,descrivendolo come un luogo ricco di discussioni sui problemi dell'arte e di come la cultura figurativa locale si fosse diffusa, uscendo così dai limiti della provincia toscana. Questo movimento si proponeva di rinnovare la cultura pittorica nazionale (italiana). La poetica di tali artisti era verista, si opponeva al Romanticismo, al Neoclassicismo e al Purismo accademico. Sostenevano che che l’immagine del vero è un contrasto di macchie di colore e di chiaroscuro, inizialmente ottenuti tramite una tecnica chiamata “dello specchio nero”, ossia utilizzando uno specchio annerito col fumo permettendo così di esaltare i contrasti chiaroscurali all’interno del dipinto. Inoltre affermavano che la forma non esiste ma è creata dalla luce e che l'individuo vede tutto il mondo circostante attraverso forme non isolate dal contesto della natura e quindi le vede come macchie di colore distinte o sovrapposte ad altre macchie di colore, perché la luce colpendo gli oggetti viene rinviata al nostro occhio come colore. Il colore, è per l'individuo l'unico modo di entrare in contatto con la realtà, che dovrà, per i macchiaioli essere restituita nel quadro come una composizione a macchie. Questi pittori infatti eliminavano totalmente la linea ed il punto geometrico, in quanto non esistenti nella realtà, usando vere e proprie macchie di colore. L’arte di questi pittori come la definì Adriano Cecioni, teorico e critico del movimento, consisteva "nel rendere le impressioni che ricevevano dal vero col mezzo di macchie di colori di chiari e di scuri". Del gruppo facevano parte i toscani Serafino De Tivoli, Eugenio Cecconi, Odoardo Borrani, Raffaello Sernesi, Niccolò Cannicci, Egisto Ferroni e Adriano Cecioni, scrittore e scultore oltre che pittore; il pesarese Vito D'Ancona; il napoletano Giuseppe Abbati, il trentino Eugenio Prati e il veronese Vincenzo Cabianca, cui si aggiunse il giovanissimo Diego Martelli, critico e mecenate. In certo senso più isolati, ma considerati fra gli esponenti principali del movimento: il livornese Giovanni Fattori (che descrive colori e luci della Maremma Toscana con un rigore compositivo che nulla toglie all’immediatezza delle scene), Silvestro Lega da Modigliana (che predilige scene di vita borghese ambientate nella provincia toscana) ed il fiorentino Telemaco Signorini. Il loro luogo di ritrovo fu inizialmente il Caffè Michelangelo a Firenze e successivamente il Castello Pasquini a Castiglioncello (era una tenuta che Diego Martelli ereditò nel 1861). I Macchiaioli sono considerati gli iniziatori della pittura moderna italiana. size>

GIOVANNI FATTORI

Giovanni Fattori nacque a Livorno il 6 settembre 1825. Il padre pistoiese, era un artigiano della canapa, che avendo già due figli, sposò in seconde nozze la madre di Giovanni, fiorentina. Tolto prestissimo da scuola per aiutare il fratello maggiore nel commercio, la sua predilezione al disegno consiglia la famiglia a portarlo a studiare pittura presso Giuseppe Baldini e nell’anno 1846 frequentò con costanza l'Accademia di Firenze, sotto Giuseppe Bezzuoli. Interrotti gli studi nel 1848-1849 a causa delle guerre per l’Unità d’Italia, il Fattori nell'unica occasione della sua vita in cui si interessò di politica collabora come « fattorino di corrispondenza » col Partito d’ Azione. Riprese nel 1849 gli studi artistici: « la gioventù entusiasta mi spinse a cercare un nuovo indirizzo artistico... fu una cospirazione: guerra dichiarata all'arte classica... si chiamò la macchia vale a dire lo studio scrupoloso della natura, com'è e come si presenta ». Tuttavia il Fattori rimase, più degli altri, incerto per alcuni anni circa l'indirizzo da seguire, considerando ancora la macchia come un'esperienza per piccoli studi. Lo provano anche le sue preferenze; tra tanti artisti presenti a Firenze egli esprimeva il suo entusiasmo per Domenico Morelli, « forte coloritore »e infine l'azione decisiva svolta su di lui da Nino Costa, che lo esortò a rompere definitivamente con l'accademia romantica e lo spinse a concorrere per la celebrazione della campagna del 1859 con La Battaglia di Magenta e nel 1861 vinse il premio e l’opera venne acquistata dalla Galleria d'Arte Moderna di Firenze. Finisce così il primo periodo di « bohème, ma non le difficoltà economiche che lo tormenteranno più o meno per tutta la vita. Un altro successo nella pittura di soggetto risorgimentale fu da lui ottenuto con L'Assalto alla Madonna della Scoperta e con l'episodio della Battaglia di San Martino, esposto e premiato con 2000 lire all'Esposizione Italiana (tenuta a Firenze), nel 1868, ma dipinto qualche anno prima. Fattori impegnò il quadro per 1000 lire presso il Ministero dell'Istruzione con l'intenzione di venderlo per far fronte alla sua difficile situazione economica. In cambio del quadro gli fu offerta la croce di Cavaliere. Fattori, che fino agli ultimi anni, quando ormai i suoi meriti erano parzialmente riconosciuti, disprezzò le onorificenze, restituì le mille lire e cedette il quadro alla Pinacoteca di Livorno che lo acquistò per pubblica sottoscrizione. Altri quadri importanti, tra i numerosissimi di soggetto militare, sono Carica di cavalleria (1873), alla Galleria d'Arte Moderna di Firenze e, nella stessa sede, La Battaglia di Custoza (1880). Altro tema ricorrente nelle sue opere è il paesaggio agrario. Dal 1860 in poi il Fattori iniziò a prendere appunti su tutto ciò che gli capitava sott'occhio, su taccuini minuti e su tavolette e queste hanno fatto la sua fama: egli si proponeva soltanto di studiare un soggetto, sviluppava la sua personalità, dimorando tra Firenze, dove nel 1869 iniziò a entrare all'Accademia, facendo una carriera contrastata e difficile. Successivamente si recò a Livorno dove l'amico Diego Martelli gli offrì lunghi soggiorni che gli permisero di spaziare per tutto l'arco della Maremma toscana. Mortagli la prima moglie di tubercolosi nel marzo 1867, Fattori passò un periodo molto duro, avversato dagli accademici e trascurato dai rinnovatori che lo ritenevano troppo legato al clima di casa. Nel 1875 si recò a Parigi dove rimase per un mese riportando una grande impressione soltanto di Manet. Dal 1868 al 1896 ottenne molti riconoscimenti in medaglie e diplomi (a Parma, a Vienna, a Londra, a Filadelfia, a Dresda. a Parigi, nel 1889, a Roma, nel Cile), facendosi un certo nome, anche a livello internazionale. Soltanto nel 1886, con la nomina del Ministero a professore di perfezionamento di pittura, il Fattori ricevette il primo vero stipendio all'Accademia, di 240 lire all'anno. Degne di nota sono le sue lettere agli scolari, vere pagine di testimonianza umana ed estetica di rara forza. Mortagli anche la seconda moglie, visse gli ultimi anni con il solido conforto della terza moglie, alla quale egli ha dedicato uno dei suoi più forti ritratti. Lo studio sempre più rigoroso della forma, lo portò a un fertile lavoro di acquafortista. I suoi rami, depositati agli Uffizi, sono la testimonianza del rigore della sua visione. Morì a Firenze il 30 agosto 1908.
"Diego Martelli a Castiglioncello"Collezione Jucker
"La rotonda dei Bagni Palmieri" olio su tavola, 1866, Galleria d'arte moderna, Firenze
"Lo Staffato" olio su tela, 1878-1879, Galleria d'arte moderna, Firenze
"La libecciata" olio su tela, 1880-1885, Galleria d'arte moderna, Firenze
"Battaglia di Custoza" olio su tela, 1880, Galleria nazionale di arte moderna e contemporanea, Roma
"Campo italiano alla Battaglia di Magenta" olio su tela, 1861-1862, Galerria d'arte moderna, Firenze

Fonti: Wikipedia e artemotore (testi letti e rivisionati da me)

Galleria arte moderna Firenze