Il gatto nella storia dell'arte


La storia dell'arte è piena di raffigurazioni animali, anzi, si può dire che sono stati proprio questi ultimi ad aver stimolato per la prima volta la creatività degli uomini delle caverne, i quali ci hanno lasciato numerosi graffiti con scene di caccia, forse legati a una superstizione divinatoria. E non potevano certo mancare rappresentazioni con protagonista il gatto , animale da sempre molto vicino all'uomo, spesso venerato ma anche demonizzato in alcune epoche della nostra storia.


I primi a raffigurare nelle opere d'arte il gatto, come tutti sanno, furono gli Egizi; per loro questo era un animale sacro, e coloro che li maltrattavano potevano essere puniti con la morte.Nel loro Pantheon troviamo persino una dea con sembianze feline, la Dea Bastet. Per gli Egizi i gatti avevano un'utilità pratica, connessa alla loro sopravvivenza; infatti tenevano lontani dai granai i topi, che altrimenti avrebbero devastato i raccolti, loro principale fonte di sostentamento, causando persino delle carestie. Perciò venivano adorati come divinità in grado di proteggere la vita umana, e quando ne moriva uno domestico veniva dichiarato un periodo di lutto che comportava anche la rasatua di sopracciglia, e talvolta capelli! Narra Erodoto che Cambise, conoscendo l’amore degli Egizi per i gatti, quando decise di invaderli nel 525 a.C., si presentò davanti all'esercito nemico mentre i suoi uomini tenevano in braccio dei gatti e gli Egizi, pur di non rischiare di uccidere gli animali sacri, ripiegarono senza attaccare. Le prime rappresentazioni di gatti risalgono al Nuovo Regno, in scene di caccia nelle paludi o in scene domestiche, mentre sono sdraiati su sedili.Erano apprezzati anche per l’alone di mistero che è insito nel loro essere e spesso la loro immagine veniva riprodotta su collane, bracciali e monili vari, come auspicio di buona fortuna. Si pensa che i gatti egiziani siano quelli che oggi chiamiamo “abissini” e che, in realtà in Abissinia, che sarebbe l'attuale Etiopia, non esistono nemmeno.

Un gatto abissino
Nella civiltà greca, i gatti erano tenuti in gran considerazione, poichè si pensava che potessero controllare le condizioni atmosferiche, perchiò i marinai erano soliti tenerne almeno uno sulle navi mentre andavano a fondare colonie. Abbiamo rappresentazioni di felini sui vasi greci del V secolo a.C, tenuti al guinzaglio e sfoggiati come animali rari e preziosi, mentre le prime raffigurazioni di mici domestici risalgono ai vasi greci dell'Italia del Sud. I Greci furono i primi a dare al gatto tale nome, chiamandolo "ailouros", parola composta da "aiolos", che sognifica "che si muove", e "ouros", cioè coda, indicandolo come l'animale che muove la coda. Il gatto arrivò a Roma più tardi, anche se nei reperti archeologici degli etruschi sono state ritrovate statuette in pietra raffiguranti un gatto. I romani raffiguravano il gatto su scudi, stendardi e mosaici per il suo carattere indipendente e predatorio. Nel 10 a. C. l'imperatore Ottaviano Augusto in una manifestazione di ammirazione per la sua gatta le dedicò dei versi:

"La mia gatta dal pelo lungo e dagli occhi gialli, la più intima amica della mia vecchiaia, il cui amore per me sgombro da pensieri possessivi, che non accetta obblighi più del dovuto. Mia pari così come pari agli dei, non mi teme e non se la prende con me, non mi chiede più di quello che sono felice di dare.. Com'è delicata e raffinata la sua bellezza, com'è nobile e indipendente il suo spirito; come straordinaria la sua abilità di combinare la libertà con una dipendenza restrittiva".

Un mosaico di Otranto, e uno rinvenuto a Pomperi, del I secolo

Sotto il cristianesimo abbiamo poche rappresentazioni, e per lo più in senso negativo; il gatto infatti appariva come un essere diabolico, simbolo del peccato. La sua rivalutazione giunse con Leonardo da Vinci che arrivò a definire "un capolavoro" il piccolo felino. A lui dedicò diversi studi in cui lo raffigura nei suoi atteggiamenti abituali: di lotta, di gioco, di caccia, di pulizia personale.

Disegni di Leonardo da Vinci

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