MINIMALISMO, PITTURA HARD-EDGE E PRIMARY STRUCTURES



Il Minimalismo è un genere di arte astratta, specialmente scultura, caratterizzata dall'estrema semplicità della forma e dalla deliberata mancanza di contenuti espressivi; emersa come moda negli anni Cinquanta del Novecento, prese sempre più piede tra gli anni Sessanta e i Settanta. Ci sono però numerosi precedenti della totale semplicità di questo tipo di arte. Nel 1777, per esempio, Goethe disegnò per il suo giardino a Weimar un 'Altare della Buona Fortuna' che consisteva in due forme geometriche di pietra assolutamente pure: un cubo sormontato da una sfera; nel 1883 il giornalista Alphonse Allais (1855-1905) creò una versione burlesca del minimalismo esponendo a Parigi un semplice foglio di carta bianca con il titolo Prima comunione di una ragazzina anemica nella neve. Al di là di queste derive, le radici dell'arte minimale possono essere rintracciate nell'astrazione geometrica totale di Malevicõ e nei ready-made di Duchamp della seconda decade del secolo, e dopo di loro questo approccio estremamente riduttivo si può riscontrare in vari aspetti dell'arte d'avanguardia, per esempio certe sculture di Brancusi, lo spazialismo di Lucio Fontana e le tele monocromatiche di Yves Klein. Come movimento invece il minimalismo si sviluppò negli Stati Uniti e la sua spersonalizzazione è vista come una reazione all'emotività dell' espressionismo astratto. Gli scultori principali della corrente sono stati:


i principali pittori (dopo gli immediati precursori Albers e Reinhardt)sono:
  • Frank Stella (nelle prime opere)
  • Ellsworth Kelly
  • Kenneth Noland.

Stando a The Tate Gallery: an Illustrated Companion (1979), "la teoria del minimalismo è quella per cui senza la presenza distraente della 'composizione', e attraverso l'uso di semplici materiali, spesso industriali, messi insieme in configurazioni geometriche o comunque fortemente semplificate, si può fare un'esperienza più profonda delle qualità pure del colore, della forma, dello spazio e della materia". La minimal art ha strette connessioni con l'arte concettuale (le sculture minimaliste hanno un potente elemento di dimostrazione teorica di ciò nel fatto che spesso l'artista lascia la fabbricazione di quanto ha disegnato a specialisti industriali) e talvolta ci sono affinità con altri movimenti contemporanei, come la land art. C'è anche un'affinità con la pop art nella condivisa preferenza per superfici lisce e impersonali (alcuni artisti minimali tuttavia hanno utilizzato materiali "naturali" come tronchi piuttosto che prodotti artificiali). Come la pop art, l'arte minimale ha dato successo commerciale alla maggior parte dei suoi principali autori e ha generato un'enorme quantità di materiale critico: a volte è parso che meno ci fosse da vedere in un'opera, tanto più ci fosse da dire su di essa. Le opere appartenenti a questa corrente hanno come caratteristica l'utilizzo di un lessico formale essenziale, le opere sono composte da pochi elementi, i materiali in alcuni casi derivano da produzioni industriali, alcune delle matrici formali sono la geometria, il rigore esecutivo, il cromatismo limitato, l'assenza di decorazione, l'assenza di un riferimento allegorico. Il risultato è oggettuale. Oggetti geometricamente definiti, formati dalla ripetizione e variazione di elementi primari, forme pure, semplici. La pittura dalla parete passa ad occupare lo spazio libero individuale, autonomo, a vivere completamente lo spazio che occupa rendendolo anch'esso parte integrante dell'opera d'arte.
L'Hard-Edge è una tipologia di scultura astratta che divenne di moda verso la metà degli anni Sessanta del XX secolo, caratterizzata da una predilezione per le forme geometriche estremamente semplici e spesso per oggetti fabbricati industrialmente. Il termine fu reso popolare da una mostra del 1966 organizzata al Jewish Museum, New York, intitolata 'Primary Structures'. Tra gli artisti che operarono in questo filone ci furono:
  • Carl Andre
  • Donald Judd
  • Sol LeWitt
  • Robert Morris
  • Tony Smith

AD REINHARDT
Ad Reinhardt è il pittore statunitense (Buffalo 1913 - New York 1967) che, dopo aver dipinto quadri astratti negli anni 30 del XX secolo, opere che risentivano dell’arte decorativa indiana ed araba, si orientò, negli anni 50, verso composizioni di impianto geometrico tendenzialmente monocrome, giocate su quasi impercettibili variazioni tonali di verdi, di bruni, di violetti. Il precedente di queste tele deve essere cercato nel celebre Quadrato bianco su fondo bianco (1919) del pittore russo Kasimir Malevic, un olio in cui la forma razionale, regolare e quasi disumana del quadrato sfuma in modo indistinto sulla texture in un contesto compositivo che, come spesso avviene tra gli artisti più logici e costruttivisti, ha qualcosa di mistico. Reinhardt, nelle sue tele più esemplari, porta alle estreme conseguenze la lezione di Malevic, affidando a differenze cromatiche minime il compito di sollecitare le abilità sensoriali dell’osservatore affinché la percezione diventi sempre più acuta, essendosi abituati a discernere forme evanescenti e passaggi graduali. Nel mondo contemporaneo, in cui la percezione del “reale” è confusa, basata su schemi behavioristici (stimolo-risposta), su icone e messaggi subliminali, su un bombardamento di segnali non decodificabili o di segni il cui significato risulta distorto a priori, la “lettura” e l’osservazione dei quadri di Reinhardt diventano un allenamento percettivo che è un utile presupposto per la comprensione dei fenomeni. Certo, le persone sono inclini a fruire messaggi molto più semplici ed accattivanti: il film spettacolare, il quadro banalmente veristico, le immagini dinamiche ed iperreealistiche di un videogioco, sicché l’arte impropriamente definita astratta, è considerata astrusa, gratuita, cerebrale. Esiste in verità anche una pittura astratta deteriore, quella che è solo esornativa, ma, accanto a creazioni grossolane, spiccano quelle di figure come Reinhardt, attenti alle sfumature (Nietzsche docet), ai valori tonali sulla soglia dell’invisibile, al linguaggio pittorico in sé. Chi impara a percepire, potrà poi comprendere, ossia abbracciare con la mente, per intelligere, che è vedere, cogliere dentro.

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CARL ANDRE
Le sue sculture sono forme semplici ottenute dall'accostamento di unità geometriche elementari di produzione industriale usate senza manipolazioni. Esse sono pensate e realizzate in relazione al luogo espositivo e non hanno nessun intento narrativo o allusivo ma dichiarano semplicemente se stesse come oggetti. Carl Andre riconosce come artisti che hanno influenzato il suo lavoro Frank Stella, Constantin Brâncusi e successivamente il costruttivismo russo. Andre studiò arte alla Philippe Accademy di Andover dal 1951 al 1953. Nel 1960 Carl Andre produsse una serie di schizzi e disegni per alcune sculture dal titolo Element Seriers. Per questioni economiche l'artista non fu in grado di realizzare le opere se non una decina di anni più tardi selezionandone otto. I progetti per le Element Seriers contenevano già i principali componenti costitutivi della lavoro di Andre. Le sculture furono pensate e successivamente realizzate tramite l'utilizzo di blocchi di legno (poliedri parallelepipedi) prodotti industrialmente e assemblati tramite semplice accostamento o sovrapposizione senza uso di collanti o ancoraggi. Nel 1966 Carl Andre partecipò alla mostra "Primari Structures" al Jewish Museum dove presentò la sua opera Lever costituita da 137 mattoni (in comune laterizio, in commercio per uso edile) appoggiati al pavimento e accostati l'uno all'altro. Quest'opera segnò, per la produzione dell'artista americano, il rapporto tra l'oggetto artistico e la spazio in cui è assemblato. Lever assunse una specifica qualità dal luogo in cui era inserita e la percezione dello spettatore era determinata oltre che dalla scultura anche dallo spazio, entrambe parteciparono al carattere emozionale dell'opera.

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DONALD JUDD
(3 giugno 1928 – 12 febbraio 1994) è stato un pittore statunitense, è stato spesso considerato l'"artista minimalista" per eccellenza.Iniziò la sua carriera artistica alla fine degli anni quaranta come pittore tradizionalista e dagli esperimenti su tela sviluppò la tradizione matura all'inizio degli anni sessanta. Nel 1961-62 realizzò numerosi rilievi che combinavano elementi della pittura e della scultura, poi nel 1963 cessò definitivamente di dipingere, concentrando il proprio lavoro nello spazio e con lo spazio.È un fatto straordinario che lo sviluppo della sua produzione tra il 1957 e il 1963 abbia avuto luogo quasi interamente a porte chiuse. Per oltre cinque anni, infatti, Judd rifiutò di esporre in pubblico. In questo periodo era più conosciuto come critico d'arte che come artista (v. saggio Specific Objects).Nel 1964 Judd iniziò a sfruttare il potenziale delle tecniche di produzione industriale, creando così un'arte astratta e geometrica, dalla fredda eleganza, da cui sembra essere stata bandita ogni soggettività, ogni firma personale. Il 1965 vide la comparsa dei suoi primi Stacks, scatole di metallo fissate alla parete a intervalli identici che formavano una colonna verticale. Le sculture possono essere combinate serialmente o meno, a seconda della volontà dell'artista. Alcune sue creazioni sono state esposte con un numero diverso di elementi, a causa delle limitazioni dello spazio a loro destinato. Apparentemente autonomi, i suoi oggetti non possono essere percepiti senza considerare il rapporto con lo spazio che occupano e influenzano.

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FRANK STELLA
Frank Stella (Malden, 12 maggio 1936) è un pittore e scultore statunitense minimalista. Nato da padre italiano ebbe successo precoce e già a 33 anni il M.O.M.A gli dedicò una retrospettiva. La sua originalità consiste nel superamento del linguaggio nel quale si era formato cioè l' espressionismo astratto di Jackson Pollock. Frank Stella può essere considerato, infatti, l'ispiratore della corrente artistica minimalista (minimal art) sviluppatasi negli Stati Uniti tra gli anni sessanta e gli anni settanta in contrapposizione all'espressionismo astratto e alla Pop Art. I suoi dipinti black paintings sono grandissimi quadri neri con linee bianche sottili disposte geometricamente e ritmicamente. I suoi lavori sono estremamente essenziali, basati, come ha dichiarato lui stesso: « sul fatto che in essi esiste solo ciò che si può vedere » quindi soprattutto impersonali e autoreferenziali. I sentimenti e il carattere dell'artista non devono assolutamente entrare a far parte del processo creativo e tanto meno trasparire dall'opera-oggetto finito. L'opera si pone come perfetto esempio di autoreferenzialismo in arte, cioè vuole significare soltanto sé stessa ed è scarica da qualsiasi connotazione emozionale o storica.

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ROBERT MORRIS
Nato il 9 febbraio 1931 a Kansas City, Missouri, Robert Morris frequenta dapprima il Kansas City Art Institute e l’università di Kansas City, proseguendo poi gli studi presso la California School of Fine Arts di San Francisco. Arruolato durante la guerra di Corea e congedato nel 1953, frequenta poi il Reed College di Portland, Oregon, dove i suoi interessi si concentrano sulla filosofia e la psicologia, due ambiti di pensiero che hanno sempre influenzato la sua arte e i suoi scritti. Dopo il trasferimento a San Francisco, nel 1956, Morris volge la sua attenzione alla pittura. In questo periodo organizza con la moglie Simone Forti, ballerina e coreografa, laboratori di danza sui movimenti comuni e non coreutici, sui rapporti del corpo con lo spazio, il tempo, il suono e la luce. La sua prima personale di pittura si inaugura il 31 ottobre 1957 alla Dilexi Gallery di San Francisco. Nel 1960 Morris si trasferisce a New York, dove frequenta, negli anni 1962-1963, lo Hunter College, ottenendo un diploma di laurea in Storia dell’arte, con una tesi sullo scultore Constantin Brancusi. Inizia inoltre a lavorare con lo Judson Dance Theater di New York, curando la coreografia di una serie di danze che sottolineano il relazionarsi con i grandi oggetti e la manipolazione dei piccoli da parte del corpo umano. Anche in questo caso il rapporto del corpo con lo spazio circostante, con il linguaggio, il tempo, il suono e la luce da forma ai suoi lavori. Come artista, Robert Morris ha sempre manifestato un vivo interesse per il corpo umano e per il suo movimento, nonché per il rapporto percettivo che esso intrattiene con lo spazio e gli oggetti. Un’altra fonte di influenza che attraversa il suo percorso critico e creativo è costituita dall’opera di Marcel Duchamp. Le opere di Morris hanno sempre mostrato un solido fondamento teorico e sperimentale. Le sue realizzazioni artistiche in effetti si sono sempre accompagnate a un vasto corpus di saggi e altri scritti che, negli anni Sessanta e Settanta, hanno segnato importanti momenti per la scultura minimalista, la Process Art (Anti Form) e la Land Art (Earthworks). Peraltro, nelle sue opere non mancano esplicite allusioni alle idee espresse da filosofi e pensatori come Platone, Kierkegaard, Wittgenstein, Nietzsche, Freud, Marcuse, Foucault e Davidson. Nell’arco della sua carriera Robert Morris plasma la sua arte in vari idiomi e diversi media. Se alcuni dei suoi lavori possono richiamare nozioni e concetti come il Minimalismo o la Conceptual Art, sarebbe certo riduttivo inserire e circoscrivere la sua arte all’interno dell’una o dell’altra corrente. Morris ha sempre evitato di definire la sua identità artistica attraverso un unico medium, una forma o una struttura unica. In effetti, i suoi lavori spaziano dagli oggetti al linguaggio alle installazioni ambientali, tese a esplorare diverse tecniche e una grande varietà di materiali, e insieme penetrano sino alle radici profonde da cui nascono i rapporti tra spazio e opera d’arte, tra spazio e osservatore, nonché il dualismo tra corpo e mente, l’antagonismo tra l’uomo contemporaneo e la cultura del passato. Tra le personali si segnalano alcune importanti retrospettive presso prestigiose istituzioni pubbliche come il Guggenheim Museum di New York e il Centre Pompidou di Parigi, insieme a varie mostre presso numerose gallerie internazionali. Invitato in più di un’occasione a Documenta di Kassel e alla Biennale di Venezia nel 1993, Morris è noto anche per le installazioni di Site specific works realizzate in numerosi spazi pubblici sparsi nel mondo.

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