LA PAURA NASCOSTA DELLE DONNE VITTIME DELLA GUERRA IN EX JUGOSLAVIA: la ferita ancora aperta.
"Poi mi fecero quello e dopo per molto tempo non riuscii a guardare in faccia i miei figli".
Durante la guerra nell'ex Jugoslavia, tra 1991 e 1995 lo stupro faceva parte di un progetto genocidiale. I soldati serbo-bosniaci attuarono un sistematico piano di stupri nei confronti delle donne musulmano-bosniache e croate. Sono stati istituiti centri di detenzione organizzati per lo stupro affinché le donne dell'etnia nemica venissero contaminate. Si uccisero, stuprarono e turturarono donne potenziali generatrici di futuri nemici; tutto questo per colpire gli uomini a cui esse appartenevano.
Molte donne violentate sono state detenute in campi di concentramento fino a che la loro gravidanza era in stato così avanzato che l'aborto non sarebbe stato possibile; la maggior parte dei bambini nati dalle violenza sono stati abbandonati perché appartenenti all'etnia nemica.
Secondo le stime di Amnesty sono state stuprate da 20 mila a 50 mila donne e solo per 30 casi è stato istituito un processo. Alle circa 30 mila vittime di violenza sessuale non è stato riconosciuto lo status di vittima di guerra. Oltre ai traumi riportati queste donne sono state stigmatizzate dalla società, molte non osano parlare pubblicamente o denunciare i propri stupratori perchè numerosi autori di tali violenze vivono ancora impuniti.
Le sopravvissute si preoccupano per la propria sicurezza e non sono incoraggiate a testimoniare davanti ai giudici, anche per la mancanza di sistemi di protezione per i testimoni. Le autorità bosniache, denuncia Amnesty, non prestano alcuna attenzione alla necessità delle vittime degli stupri di ottenere sostegno psicologico, economico ed altro.
"La violenza carnale contro le donne è un crimine contro l'umanità"
(Consiglio di sicurezza dell'Onu)